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Una sanità fatta di imboscati, di permessi decisamente superiori alla media, di professionisti che finiscono dietro la scrivania piuttosto che lì dove ci sarebbe bisogno delle loro prestazioni. E’ la fotografia della sanità calabrese scattata da una ricerca della Cergas – Bocconi. Un’istantanea inclemente che mette a fuoco anche le strutture sanitarie italiane, evidenziando come la tendenza percorra tutta la penisola.
In Calabria il 22 per cento dei dipendenti del settore fruisce di permessi per assistere i familiari. Un dato corposo che nelle singole realtà si irrobustisce ancora di più. Ecco allora che nell’Asp di Vibo i dipendenti che ottengono permessi e limitazioni retribuiti previsti dalla legge per assistere familiari supera il 34 per cento. Il capoluogo di regione si attesta a breve distanza con il 30, 5 per cento. Sfiora i 30 punti percentuali Reggio Calabria. Questi i dati delle aziende sanitarie. Filtrandoli per vedere i dati dei singoli ospedali la maglia nera va al Pugliese Ciaccio di Catanzaro dove il fenomeno sfiora il 30 per cento. C’è poi il caso degli 80 psicologi finiti tra carte e faldoni negli uffici amministrativi.
“Erano stati assunti dai Comuni per seguire gli studenti molti anni addietro – chiarisce la struttura dipartimentale – poi sono stati trasferiti all’Asp senza concorso”. Congedi speciali, limitazioni, esenzioni, turni ridotti, permessi, mansioni diverse da quelle per cui si è stati assunti. Così la sanità calabrese è destinata a rimanere claudicante.
Tiziana Bagnato