Anche gli ospedali di comunità passano dai 400 previsti a 304. Il presidente della Regione adesso dovrà reperire nuove risorse o effettuare scelte dolorose
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La sanità pubblica rischia il default. Non solo in Calabria, che qui diciamo che siamo abituati, ma in tutta Italia. Il recente rapporto sul Coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti certifica che l’inflazione nel 2024 si sarà mangiata 15 miliardi di finanziamenti del servizio sanitario nazionale. Così tre Regioni su quattro non riescono più nell’impresa di tenere i bilanci in pareggio e si prevede nei prossimi mesi una sfilza di piani di rientro che in Calabria vige già da dodici anni. Ieri c’è stato un incontro tra il ministro della Sanità, Orazio Schillaci, e quello dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: Schillaci ha chiesto almeno 3 miliardi, meglio 4. Ma al momento nessuno sa dove trovarli.
A tutto questo si aggiunge un ulteriore problema ovvero la rimodulazione del Pnrr da parte del Governo. I tagli decisi hanno riguardato in misura maggiore la medicina di prossimità, contraddicendo quanto ci aveva insegnato la pandemia ovvero che una sanità ospedalocentrica non funziona, soprattutto per una regione con le caratteristiche orografiche e demografiche della Calabria. Il taglio si è tradotto in una diminuzione delle case di comunità che nel piano nazionale scendono da 1350 a 936, nel taglio degli ospedali di comunità che passano dai 400 previsti ai 304. Le Case di Comunità sono le nuove strutture socio-sanitarie che entreranno a fare parte del Servizio Sanitario Regionale e sono previste dalla legge di potenziamento per la presa in carico di pazienti affetti da patologie croniche.
All’interno di queste strutture sono presenti equipe di medici di medicina generale, pediatri, medici specialisti, infermieri e altri professionisti della salute (tecnici di laboratorio, ostetriche, psicologi, ecc.) che operano in raccordo anche con la rete delle farmacie territoriali. Gli ospedali di comunità sono invece “strutture sanitarie per i pazienti che necessitano di interventi clinici a bassa intensità e di breve durata”: dunque una via di mezzo tra un ospedale a cui rivolgersi soprattutto in caso di emergenze e interventi specialistici, e una casa di riposo o un hospice, dove viene erogata un’assistenza soprattutto infermieristica, per patologie croniche o recidive, lievi.
I tagli sul Pnrr sono un problema in più per la Calabria visto che il presidente/commissario Roberto Occhiuto aveva puntato molto sulla realizzazione di queste strutture di medicina di prossimità arrivando anche a mettere risorse proprie della Regione per realizzare il piano. In Calabria erano state infatti previste 57 case di comunità e 15 ospedali di comunità. Il piano adesso dovrà necessariamente essere rivisto al ribasso a meno che il presidente trovi altre risorse, extra Pnrr, per finanziare le strutture. In caso contrario si aprirà il problema di individuare quali strutture sacrificare e quali invece portare a compimento.
Una scelta non facile nella Calabria che risulta fra le ultime regioni per i Lea con indici negativi per tutte le aree assistenziali esaminate. Né in Calabria possiamo giocarci la carta dell’aumento delle addizionali regionali che da dodici anni sono state portate al massimo anche se con scarsi risultati. La spesa pro capite per cittadino resta ferma ai 2.041 euro contro i 2.836 euro dell’Alto Adige. Il bivio dunque è molto chiaro: o effettuare delle scelte o rintracciare nuovi fondi fuori dal Pnrr.