Il progetto dovrebbe prevedere anche l'assegnazione delle zone carenti per ambito. I camici bianchi non potrebbero più scegliere dove andare ma dovrebbero indicare solo una delle macro aree in cui verrebbe diviso il territorio (ASCOLTA L'AUDIO)
Tutti gli articoli di Sanità
PHOTO
L’assistenza territoriale nella provincia di Catanzaro è una bomba pronta ad esplodere. Ambulanze demedicalizzate a cui più di recente si è aggiunta la carenza di autisti che puntualmente vengono trasferiti causando la chiusura delle postazioni d’emergenza superstiti. Persone colte da malore costrette ad arrangiarsi – magari facendosi trasportare nei presidi sanitari con auto private - perché le guardie mediche sono chiuse e le ambulanze indisponibili.
Assistenza opzionale
È il fermo immagine di una sanità in via di disfacimento, incapace di garantire servizi essenziali nelle aree dell’entroterra ma anche su quelle costiere. E la carenza di camici bianchi rappresenta il frutto di una narrazione che solo in parte risponde alla realtà. È ormai prassi consolidata per i medici della continuità assistenziale quella di optare per le postazioni meno “calde”.
Un posto sicuro
Magari in quei comuni dove la popolazione è di poche centinaia di anime e il lavoro non è eccessivamente gravoso, contrariamente a quanto accade nelle città o nelle aree più popolose. Qui le postazioni sono poco gettonate e le guardie mediche restano chiuse per assenza di disponibilità. È a questo delicato dossier che lavora da tempo l’Asp di Catanzaro, aperto dall’ex commissario Vincenzo Spaziante e adesso transitato sulla scrivania del successore, Antonio Battistini.
Le zone carenti
Nei giorni scorsi il numero uno dell’azienda sanitaria provinciale di Catanzaro ha, infatti, convocato le organizzazioni sindacali per ottenere il parere preventivo su un piano che dovrebbe a breve vedere le luce e destinato a rivoluzionare l’organizzazione dell’assistenza sul territorio. In primo luogo, sul fronte delle assegnazioni delle zone carenti che dovrebbe avvenire non più sulla base della postazione ma per ambito.
La riforma del territorio
Attualmente, i medici possono scegliere le postazioni, optando in genere per quelle con meno carico di lavoro. L’Asp di Catanzaro ha invece in animo di attuare una riforma che prevede l’assegnazione per ambito. Ovvero, il territorio provinciale dovrebbe essere suddiviso in macro-aree e i camici bianchi potranno semplicemente scegliere in quale lavorare. Sarà poi l’azienda sanitaria ad assegnare la postazione sulla base delle necessità.
Incentivi per lavorare
Il piano che ha per ora ottenuto il parere favorevole dei sindacati prevede incentivi per quei medici che saranno dislocati nelle postazioni con maggiore carico di lavoro, una indennità che dovrebbe oscillare attorno ai 30 euro orari. Insomma, un surplus di denaro per invogliarli a fare il loro lavoro. Questa operazione dovrebbe però risolvere solo una parte del problema.
Ascia di guerra
La seconda azione dovrebbe riguardare, infatti, l’intera riorganizzazione del sistema della continuità assistenziale sul territorio con una drastica riduzione delle postazioni di guardia medica. Un progetto già tentato nel 2020 dalla commissione prefettizia, insediata ai vertici dell’Asp dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, ma che ha avuto come unico risultato quello di far infuriare i sindaci, tutti concordi nel mantenere lo status quo. Quel che nei fatti è poi avvenuto.
Il taglio alle guardie mediche
Il progetto attuale sembra però meno ambizioso del precedente. All’epoca, su 60 postazioni si prevedeva una riduzione fino a 25; adesso, dalle attuali 59 si prevede la soppressione di almeno 14 intervenendo su quelle che registrano pochi accessi e procedendo ad accorpamenti per quelle ubicate in comuni posti a breve distanza.
Rapporto medico/abitante
Una impostazione che si pone, del resto, anche in linea con l’accordo integrativo regionale (Air) già siglato da Regione e organizzazioni sindacali che sposta il rapporto da un medico ogni tremila abitanti ad un medico ogni cinquemila abitanti, producendo come conseguenza un taglio di almeno il 50% delle postazioni. L’accordo fermo sui tavoli romani in attesa di approvazione, dovrà però prima trovare il placet delle “fasce tricolori”.