È passato più di un anno da Cotticelli, dal suo «Non devo farlo io il piano Covid» immediatamente smentito da Maria (Crocco, il sub commissario) e dall’usciere che comunicano i dati delle terapie intensive e dalle sue consequenziali dimissioni: eppure, ancora la Regione Calabria non ha il piano Covid. Strano a dirsi, per una regione che si sveglia ancora una volta in zona gialla non tanto per la mole dei contagi o per l’incontrollabile aumento dei focolai, ma più che altro per la debolezza del suo sistema sanitario.

Eppure, siamo alla quarta ondata pandemica in Italia, si sono avvicendati cinque diversi commissari, tre presidenti di regione e la Calabria non ha ancora un Piano Covid approvato dal ministero della Salute.

Piano Covid, l’origine della pandemia e le ammissioni di Cotticelli

Siamo all’inizio della pandemia, iniziano ad arrivare i primi casi di contagi dalle regioni del nord Italia e si discute delle prime zone rosse: nella prima fase la Calabria viene sostanzialmente graziata dall’epidemia, soprattutto a causa del fatto che le chiusure immediate hanno limitato la diffusione dei contagi. Nella seconda ondata, però, la Calabria paga subito lo scotto: il sistema a colori presentato dal presidente Conte non lascia scampo e sin dai primi momenti viene decretata la zona rossa, a causa delle fragilità del sistema sanitario regionale.

Arrivano le prime richieste di verifica, non si aumentano i posti letto, fino ad arrivare alla tragica intervista di Titolo V: prima il commissario Cotticelli dice di non essere lui a dover redigere il piano, poi legge in presa diretta il documento ministeriale ed emerge immediatamente la triste verità. Era proprio il commissario la figura che doveva prendere in carico la redazione del piano: le dimissioni arrivano dopo pochi giorni, del piano Covid invece non vi è traccia.

Da Zuccatelli a Gaudio, i commissari vanno ma i problemi restano

Immediatamente dopo le dimissioni del commissario Cotticelli, viene nominato Giuseppe Zuccatelli nuovo commissario al piano di rientro dal debito della sanità: una nomina che sarà travagliata sin dai primi momenti, a causa di un video di qualche mese prima diffuso in rete in cui il dirigente contestava l’utilità delle mascherine.

Il tira e molla con il governo durerà qualche giorno, finché si arriverà a forzare la mano: dopo solo una settimana, Zuccatelli si dimette e viene nominato in Consiglio dei Ministri l’ex rettore dell’Università La Sapienza di Roma, Eugenio Gaudio. Una nomina lampo, così come lampo saranno le sue dimissioni: nemmeno un giorno e il docente mollerà la presa, tra motivazioni familiari e sussurri di fronde contrarie. Due commissari liquidati in pochi giorni, i casi Covid che crescono, le difficoltà nello smaltire i tamponi e il piano Covid che resta, inesorabilmente, in cerca d’autore.

Il Piano Covid di Guido Longo e la bocciatura del ministero

Alla fine l’empasse si risolve con la nomina di un supercommissario, di nome e di fatto: alla guida della sanità calabrese viene nominato Guido Longo, ex questore e prefetto, uomo delle istituzioni e bestia nera dei latitanti: fu lui infatti a catturare Sandokan, il boss dei Casalesi Francesco Schiavone, ed altri importanti criminali tra Sicilia e Campania.

Quale migliore figura di lui, dunque, per garantire che la criminalità infiltri la sanità e la gestione della pandemia? Eppure, proprio lui che nella sua carriera ha catturato tanti fuggitivi, non riesce a mettere le grinfie sul più sfuggente dei provvedimenti, il Piano Covid della Regione Calabria. E dire che una prima versione riesce a redarla: peccato che il documento, presentato a Roma, viene inesorabilmente bocciato dal Ministero della Salute e dal Ministero per l’Economia e le Finanze, che lo reputano incompleto e lo rimandano al mittente.

È il marzo del 2021, la terza ondata sferza gli ultimi colpi a un sistema che si trascina con tutte le sue criticità e che mostra a tutta Italia ambulanze in fila davanti agli ospedali e una cronica e insuperabile carenza di posti letto: il commissario Longo promette interventi rapidi ma il documento resta nei cassetti. A breve ci saranno le elezioni, la campagna elettorale nei fatti è già iniziata e nonostante gli annunci, le conferenza stampa ad ASP unificate (memorabile l’incontro di Catanzaro con Spirlì e Longo che faranno passare in rassegna tutti i commissari e i dirigenti delle aziende sanitarie che illustrano i posti disponibili, ma mai implementati, per tranquillizzare la popolazione), nulla di nuovo avviene.

La nomina di Occhiuto, il Piano Covid e le conferme del tavolo Adduce

Insieme ad un nuovo presidente, a Germaneto cambia anche il vertice della struttura commissariale: Occhiuto ottiene la nomina a Commissario alla Sanità e da subito promette cambiamenti: i risultati ottenuti sul piano dei rapporti con il governo centrale sono innegabili, come ad esempio la nomina dei due subcommissari, l’immissione di forze fresche nella struttura commissariale e l’aumento di una diecina di unità in Terapia Intensiva, grazie ad una riorganizzazione interna. Restano però il problema del personale, ancora troppo esiguo per consentire una vera inversione di rotta, e dell’approvazione dei documenti: anche nel tavolo Adduce di oggi (il comitato che riunisce i ministeri della Salute, il MEF e la Regione Calabria e che analizza le prestazioni in campo sanitario della regione) è stata sottolineata la mancanza di un piano Covid e la necessità di un aggiornamento della vecchia bozza nelle prossime settimane.

Intanto, la Calabria è tornata in zona gialla, i contagi aumentano e le strutture sanitarie iniziano a superare i primi livelli di allerta: il piano covid per ora non c’è, ma non c’è fretta. D’altronde lo aspettiamo solo da due anni, quattro ondate, cinque commissari e due presidenti.