La quarta ondata si fa sentire in Calabria, aumentano giorno dopo giorno i contagi da Covid e i dati riguardanti i ricoveri nei reparti e nelle terapie intensive a causa di complicazioni del virus.

In Calabria, nella settimana 8-14 dicembre, si registra una performance in peggioramento per i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti (364) e si evidenzia un aumento dei nuovi casi (20,5%) rispetto alla settimana precedente. Nello stesso periodo sopra soglia di saturazione i posti letto in area medica (19%) e in terapia intensiva (11%) occupati da pazienti Covid. È quanto rileva la Fondazione Gimbe nel monitoraggio settimanale.

I dati Agenas aggiornati a ieri 15 dicembre, rilevano un ulteriore peggioramento per quanto riguarda i ricoveri nei reparti calabresi che si attestano al 21%, seconda regione con il dato più alto dopo il Friuli. Le terepie intensive si attestano invece al 10%, limite della soglia critica.

Vaccini, la situazione in Calabria

La popolazione che ha completato il ciclo vaccinale è pari 72,1% contro una media nazionale del 77,6%, a cui aggiungere un ulteriore 3% (media Italia 2,9%) solo con prima dose. Il tasso di copertura vaccinale con terza dose è del 50,2% contro una media in Italia del 61,4%.

I contagi

Riguardo ai nuovi casi per 100.000 abitanti dell'ultima settimana, dal monitoraggio Gimbe emerge che la provincia più colpita è quella di Reggio Calabria con 213, seguita da Vibo Valentia (182), Crotone (112), Catanzaro (101) e Cosenza (99).

Cartabellotta: «Regioni aumentino i posti letto»

In questo contesto, rileva il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, «le ultime misure del Governo, che mirano ad innalzare la protezione nei confronti del virus, non hanno modificato i criteri per assegnare i colori alle Regioni, definiti quando non erano noti il declino dell'efficacia vaccinale e la necessità delle terze dosi e non incombeva la minaccia di una variante così preoccupante».

Ma questi «criteri lasciano alle Regioni la massima autonomia nell'aumentare la disponibilità di posti letto per ridurre i tassi di occupazione, con il rischio di congestionare silenziosamente gli ospedali e limitare l'accesso alle cure ai pazienti non Covid».

Il dato nazionale del monitoraggio Gimbe (settimana 8-14 dicembre)

Da due mesi a questa parte non accenna a rallentare l'epidemia di Covid-19, che sta progressivamente «portando verso una pericolosa congestione degli ospedali». Nella settimana 8-14 dicembre, rispetto alla precedente, crescono di circa il 18% i nuovi casi e i decessi. Sul fronte ospedaliero aumentano ancora i posti letto occupati da pazienti Covid: +17,9% in area medica e +11,2% in terapia intensiva. È quanto emerge dal monitoraggio della Fondazione Gimbe. Tuttavia, nelle ultime settimane «si è ridotta la percentuale di pazienti ricoverati in area medica e in intensiva rispetto ai positivi», grazie all'incremento delle terze dosi.

Le 26 Province in cui l'incidenza supera i 250 casi per 100.000 abitanti sono: Trieste (601), Treviso (573), Bolzano (568), Padova (552), Vicenza (541), Imperia (450), Venezia (434), Rimini 411), Verbano-Cusio-Ossola (361), Pordenone (346), Gorizia (332), Forlì-Cesena (330), Ravenna (321), Verona (320), Rovigo (298), Aosta (290), Savona (288), Ferrara (287), Belluno (286), Reggio nell'Emilia (285), Bologna (268), Varese (267), Trento (265), Monza e della Brianza (260), Mantova (253) e Biella (252).

A livello nazionale, al 14 dicembre (in base ai dati Agenas), il tasso di occupazione da parte di pazienti Covid è dell'11,9% nei reparti di area medica e del 9,5% in area critica, con notevoli differenze regionali: la PA di Bolzano supera la soglia del 15% in area medica (17,2%) e del 20% in area critica (22%); Friuli (24,5% area medica e 16,0% area critica), Liguria (17,0% area medica e 12,2% area critica) e PA di Trento (19,7% area medica e 20,0% area critica). Inoltre, per l'area medica si colloca sopra la soglia del 15% la Valle D'Aosta (21,2%), mentre per l'area critica superano la soglia del 10% Emilia-Romagna (10,3%), Lazio (12,0%), Marche (14,4%), Molise (10,3%) e Veneto (13,3%).

Vaccinazioni

Aumentano in 7 giorni del 5,8% le persone che hanno ricevuto la prima dose di vaccino anti Covid: dal 6 al 12 dicembre sono state 236.000 rispetto ai 223.116 della settimana precedente. Ma ad aumentare sono soprattutto le terze dosi: sono state 2,9 milioni, l'8,8% in più rispetto alla settimana precedente. È quanto emerge dal monitoraggio del Gimbe, che sottolinea come «la pandemia sia in fase critica per la convergenza di vari fattori, come la stagione invernale, il ritardo iniziale nella somministrazione delle terze dosi, uno zoccolo duro di non vaccinati». Questo "preoccupa" in vista del Natale e della diffusione di Omicron.

Al 15 dicembre (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 12.563.534 terze dosi. In base alla platea ufficiale (20,4 milioni di persone) il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è del 61,4% con nette differenze regionali, dal 45,7% della Sicilia al 71,2% della Toscana. Il dato «è tuttavia sovrastimato per il mancato inserimento nella platea delle persone che a partire dal primo dicembre hanno progressivamente raggiunto il quinto mese dal completamento del ciclo vaccinale». L'80,5% della popolazione (47,6 milioni) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+218.456 rispetto alla settimana precedente) e il 77,6% (45,9 milioni) ha completato il ciclo (+144.773 rispetto alla settimana precedente).

Sono in aumento nella settimana 6-12 dicembre il numero totale di somministrazioni (3,3 milioni). Sono tuttavia ancora quasi 6,4 milioni, sottolinea la Fondazione Gimbe, le persone senza nemmeno una dose, tra cui preoccupano da un lato 2,45 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall'altro 1,02 milioni nella fascia 12-19 anni che aumentano la circolazione del virus nelle scuole. Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d'età (vanno dal 97,6% degli over 80 al 79,6% della fascia 12-19), così come sul fronte dei richiami, che negli over 80 hanno raggiunto il 64,6%, nella fascia 70-79 il 40,7% e in quella 60-69 anni il 32,7%.