La quarta ondata di Covid avanza, da Nord a Sud, mettendo a dura prova gli ospedali del Paese e non risparmiando nessuno, nemmeno le regioni generalmente messe meglio dal punto di vista sanitario. L’allarme lo lancia la Simeu, Società di medicina di emergenza e urgenza, che sottolinea come i Pronto soccorso siano da più parti ormai al collasso.

È Beniamino Susi, responsabile nazionale dei rapporti con le regioni di Simeu e direttore del reparto d'urgenza a Civitavecchia-Bracciano, a dare un quadro generale della situazione: «La cosa pù drammatica – dice – è l'impossibilità di ricovero di tanti pazienti non Covid. Si stanno convertendo reparti normali in reparti Covid e questo taglia il numero dei posti letto disponibili per altre patologie. La situazione sta peggiorando anche in regioni storicamente non "calde" da questo punto di vista come il Piemonte e la Lombardia. I medici sono stanchi, affaticati e vivono una quotidianità deprimente che giorno dopo giorno diventa sempre più insostenibile».

La realtà del Covid, sottolinea la Simeu, «ci pone di fronte alle debolezze del sistema ad un prezzo durissimo: si sta nuovamente partendo per combattere l'ennesima battaglia senza un adeguato esercito e senza le giuste armi. L'insostenibilità di reggere da soli una situazione di aiuto ai cittadini per chi lavora nell'emergenza-urgenza, nonostante i ripetuti allarmi lanciati nel tempo, lo testimoniano le dimissioni con decorrenza immediata dal 21 dicembre presentate da sette medici del pronto soccorso di Nuoro».

La Sardegna piange, ma la Calabria non ride

È la Sardegna, infatti, dichiara la Simeu, la regione messa peggio in Italia. «Innanzitutto perché siamo un'isola – spiega Salvatore Manca, presidente nazionale Simeu che proprio in Sardegna svolge la sua professione – e le persone non sarde difficilmente scelgono di venire a svolgere qui la professione. Inoltre Regione e Ats non stanno facendo passi avanti per favorire una ridistribuzione, lo spostamento di professionisti da quegli ospedali in cui gli organici non sono certo ottimali ma almeno discreti, per tamponare le situazioni delle condizioni più deboli che si registrano tra Nuoro e Oristano. Entrambi sofferenti».

A Cagliari è stato chiuso il pronto soccorso dell'ospedale Santissima Trinità, convertito nuovamente in ospedale Covid. I medici sono stati mandati nei due pronto soccorso degli ospedali cittadini e non a Nuoro o a Oristano, dove è in corso una vera emergenza.

Ma se la Sardegna piange, la Calabria di certo non ride. Personale ridotto, reparti e servizi di fatto paralizzati, carenze della rete ospedaliera che, con effetto domino, si riversano su tutte le strutture, le cui ferite mai rimarginate non consentono di affrontare la situazione Covid con l’energia opportuna. E così la pressione sugli ospedali cresce, assieme ai contagi che fanno registrare numeri importanti, i posti letto si riempiono superando le soglie critiche che hanno inesorabilmente portato la Calabria in zona gialla.

Secondo il dato scaturito dal monitoraggio della Cabina di regia, nella settimana dal 29 novembre al 5 dicembre il tasso di occupazione dei reparti di area medica si attesta al 16,8%, quello delle Terapie intensive all’11,8%. E il personale è di nuovo allo stremo. Mentre l'ultimo bollettino della Regione Calabria registra un boom di contagi e decessi: 460 nuovi casi e 5 morti.

Nel Cosentino focolai e ospedali al collasso

Preoccupa, in particolare, la situazione nel Cosentino, dove la situazione dei contagi ha messo in allarme diversi sindaci alle prese con focolai sui territori dei propri comuni e dove gli ospedali si ritrovano a gestire un’emergenza per la quale hanno le armi spuntate. Nel capoluogo bruzio, tra le corsie dell’Annunziata sono stati attivati 7 nuovi posti per i malati Covid, ma sono stati occupati nel giro di 48 ore.

Appena pochi giorni fa la consigliera regionale della Lega Simona Loizzo parlava di «situazione esplosiva» nel Pronto soccorso del presidio cosentino «con soli sette medici in servizio che mette a rischio l’erogazione dei servizi». Ad aggravare la situazione negli ultimi giorni, anche il focolaio divampato nella rsa di Bisignano.

Al Pronto soccorso di Corigliano-Rossano e al Polo Covid continuano a giungere da tutto il territorio ambulanze con pazienti contagiati dal virus e si denuncia la condizione del personale “assediato” tra la gestione di pazienti con patologie ordinarie e soggetti Covid. La situazione in riva allo Ionio si è fatta più calda negli ultimi giorni anche a causa dei focolai di Campana e Longobucco.

Simeu: «La politica faccia qualcosa»

Non è ancora passato un mese dalla manifestazione di piazza organizzata a Roma lo scorso 17 novembre proprio da Simeu a difesa dei pronto soccorso, del servizio di emergenza urgenza e del 118 che le tessere del sistema sembrano davvero incominciare a crollare

«La classe politica – dichiara ancora Salvatore Manca – non si rende conto che sta succedendo proprio questo. E accade soprattutto al di fuori dei grossi poli, là dove ci sono ospedali universitari in cui ci sono molti specializzandi, che tendono per fortuna a rimanere ancora animati dalla bellezza del mestiere. Capita nei centri di medie e piccole dimensioni, luoghi in cui la popolazione ha in generale meno servizi sanitari a disposizione».

Conclude Manca: «Bisogna accordarsi con il ministero dell'Università e della Ricerca affinché gli ospedali diventino luogo di formazione e gli specializzandi vengano mandati e integrati nei servizi ospedalieri da subito, se questo non accadrà i pronto soccorso rischiano veramente di chiudere e questo sarebbe un danno gravissimo alla comunità».