Due decessi nelle ultime 24 ore nel Polo Covid di Rossano, 985 positivi negli ultimi 30 giorni in città, ben 150 i pazienti deceduti dall’inizio dell’anno e 13698 casi dall’inizio della pandemia. Corigliano-Rossano è tra i centri della Calabria più colpiti dal coronavirus e, in provincia di Cosenza, si colloca al primo posto per numero di casi e di decessi.

È con questi numeri che ha fatto e continua a fare i conti il personale operante all’interno del Polo Covid rimasto sguarnito della figura del coordinatore Giovanni Malomo dopo la cessazione dello stato d’emergenza di fine marzo. Per mancanza di personale medico e paramedico da 30 posti sono rimasti attivi solo 10, tutti occupati da pazienti Covid con problemi respiratori che vanno dai 65 agli 80 anni.

La struttura si tiene in piedi con soli 5 medici, e dal prossimo luglio 11 infermieri. Se non arriveranno rinforzi per il personale operante sarà impossibile poter usufruire di ferie, mentre i pazienti Covid bussano alla porta o per problemi respiratori o per la somministrazione degli anticorpi monoclonali. Ma c’è di più, ai camici bianchi, esposti ad alto rischio contagio, non è riconosciuta la indennità di malattia infettiva, tanto meno quella relativa ai tempi di vestizione e svestizione. Il reparto è operativo e ben funzionante, clima di cordialità e di accoglienza, ma chi vi opera ha bisogno del supporto dei vertici aziendali dell’Asp di Cosenza. La città di Corigliano-Rossano ha dato tanto in materia di assistenza sanitaria nella lotta al coronavirus, a differenza di altri centri che invece hanno rifiutato il Polo Covid. Ed è giusto prestare la giusta attenzione a chi vi opera.