Da quindici anni, l’ospedale “Beato Angelo” di Acri rappresenta un nodo cruciale del dibattito politico locale, ma purtroppo anche un simbolo delle promesse non mantenute e delle speranze tradite dell’intera sanità calabrese.

Il nosocomio, un tempo punto di riferimento sanitario per un vasto comprensorio, è stato progressivamente ridimensionato fino a diventare un presidio con un pronto soccorso comunque ben funzionante, ma con reparti e servizi fortemente limitati. La chiusura del reparto di Ostetricia – Ginecologia, ad esempio, è solo una delle tante privazioni che la comunità ha subito nel corso del tempo.

L'ospedale di Acri, fondato nel 1965 con l'impegno di Giacomo Mancini e Francesco Spezzano, rappresentò un'importante risorsa socio-sanitaria per la comunità acrese e circostante

Negli anni successivi alla sua fondazione, il nosocomio ha affrontato varie fasi di crescita e adattamento alle esigenze del territorio, grazie all'impegno di figure chiave come il dr. Vincenzo Molinari e il prof. Cesare Giannice. L'inizio delle attività nel 1978 segnò un traguardo significativo, ma già dal 1981, con la riforma sanitaria nazionale, l'ospedale acrese fu inglobato nella Usl locale, perdendo gradualmente autonomia decisionale e risorse.

Nel corso degli anni, le vicende politiche locali e regionali hanno influenzato pesantemente il destino del “Beato Angelo”. Dal commissariamento nel 1991 alla riorganizzazione del 2010, l'ospedale ha subito ridimensionamenti e cambiamenti strutturali che hanno compromesso la sua capacità di erogare servizi complessi. La decisione di trasformarlo in ospedale di zona disagiata nel 2016 (con Spoke di riferimento Rossano-Corigliano) ha ulteriormente limitato le sue funzioni, riducendo posti letto e servizi specialistici.  

Con i governi Berlusconi e le amministrazioni regionali di Chiaravalloti, Loiero e Scopelliti iniziò il triste declino dell’ospedale di Acri, nonostante le proteste della politica locale e delle forze sociali, che però non portarono a risultati concreti. La Legge 311/2004, modificata poi nel 2005, impose alle regioni in deficit economico di analizzare le cause del disavanzo e di attuare un programma triennale di riorganizzazione del Servizio sanitario regionale. Il ridimensionamento dell’ospedale di Acri ha avuto di fatto inizio nel 2010. All’epoca Giuseppe Scopelliti ricopriva il ruolo di commissario ad acta (DPGR n.18/2010). Il nosocomio della citta silana venne declassato da Ospedale Generale a Ospedale di Zona Montana, con la trasformazione delle strutture complesse in strutture semplici e la chiusura dei reparti di Ostetricia-Ginecologia e Psichiatria. Inoltre, il reparto di Chirurgia perse posti letto.

Nel 2012, il DPGR n.191/2012 istituì un unico Spoke per l’area Nord, coinvolgendo Acri e Castrovillari. Tuttavia, la proposta ha generato polemiche, portando alla fuga di primari e della direzione sanitaria verso la città del Pollino. Nel frattempo, ad Acri vennero riassegnati 10 posti letto in Chirurgia.

Con il DM n.70/2015 e il DCA n.30/2016, firmato dal commissario Massimo Scura, l’ospedale di Acri è stato classificato come presidio di zona disagiata con SPOKE di riferimento Rossano-Corigliano. La Chirurgia è stata ridotta a interventi in Day Surgery e Week Surgery, con un taglio di 10 posti letto, mentre sono stati aggiunti 4 posti in Dialisi e 16 per la lungodegenza post-acuzie. Il successivo DCA n.64/2016 confermò questa organizzazione.

Nel 2017, con la delibera n.1619, l’Asp di Cosenza ha approvato un nuovo Atto aziendale, discusso in un Consiglio Comunale aperto, che ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali e cittadini. L’obiettivo dichiarato era quello di trasformare l’ospedale in un piccolo centro di eccellenza provinciale e regionale, migliorando pronto soccorso, chirurgia, medicina, lungodegenza, emodialisi e oncologia. Anche in questo caso le promesse rimasero tali, evidenziando ancora una volta le difficoltà nel garantire un servizio sanitario completo e di qualità per la comunità acrese e oltre.

Promesse, e solo promesse. Sono quelle fatte anche dai vari sindaci che si sono susseguiti a Palazzo Gencarelli. Nel 2010, l’amministrazione guidata allora da Gino Trematerra prometteva interventi per potenziare l’ospedale. Lo stesso Trematerra, quando nel frattempo nel 2012 scelse di ricoprire il ruolo di Europarlamentare (Gino Maiorano assunse la carico di sindaco facente funzioni ndr) nel corso di un congresso dell’Udc, informò la platea del fatto che Acri - Castrovillari, Rossano – Corigliano e Paola – Cetraro sarebbero stati  i tre Ospedali Spoke della provincia di Cosenza. Trematerra sottolineo come tutto ciò avrebbe rappresentato un bel risultato «se si pensa che il centrosinistra regionale, durante l'esperienza Loiero, ospedali come quello di Acri li aveva chiusi». L’allora Europarlamentare ricordò «lo scetticismo di alcuni quando chiedevo pazienza perché le cose si sarebbero aggiustate e quando affermavo che non sarei stato ricordato come colui che ha fatto chiudere l'ospedale». Promesse e annunci simili furono poi avanzate successivamente dal sindaco Nicola Tenuta e, più recentemente, dall’attuale primo cittadino Pino Capalbo. In mezzo, incontri, dichiarazioni, progetti che spesso si sono rivelati solo strumenti di visibilità politica, senza mai tradursi in azioni concrete. La cittadinanza ha reagito con mobilitazioni e manifestazioni pubbliche, ma la voce del popolo è rimasta inascoltata.

Ad aprile 2024, di fronte all’ennesima decisione penalizzante per l’ospedale di Acri, il sindaco Capalbo organizzò una manifestazione pubblica. La protesta venne scatenata dal decreto del presidente regionale e commissario alla Sanità regionale Roberto Occhiuto, che prevedeva una riorganizzazione della rete ospedaliera. Capalbo criticò duramente il provvedimento, definendolo «un’altra umiliazione per la comunità locale», annunciando di voler impugnare gli atti regionali ritenuti dannosi per il territorio.

Lo stesso sindaco decise di recarsi, insieme un centinaio di cittadini, sotto la Cittadella regionale per manifestare contro il piano licenziato da Occhiuto che, però, non incontrò nè Capalbo né i manifestanti: «Il presidente della Regione ha fatto un grave errore preferendo incontrare gli esponenti di Forza Italia e non una intera amministrazione», dichiarò il primo cittadino di Acri.

Nel ripercorrere gli eventi, più o meno recenti, arriviamo al 10 ottobre 2024, quando la deputata pentastellata Anna Laura Orrico sollevò il caso dell’ospedale di Acri alla Camera dei Deputati, nel contesto dell’attuazione dell’autonomia differenziata e della definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP). Nel suo discorso, la Orrico denunciò le criticità della sanità calabrese, evidenziando come il Piano di riordino regionale preveda ulteriori tagli di personale per l’ospedale di Acri, nonostante serva un bacino di circa 60mila abitanti.

La rappresentante del Movimento 5 stelle sottolineò l’inefficienza della rete di trasporti locali, che costringe i cittadini a percorrere fino a un’ora di viaggio per raggiungere gli ospedali di Cosenza o Corigliano-Rossano. «I cittadini sono costretti a recarsi nell'ospedale di Cosenza o di Corigliano-Rossano – disse Orrico – . Entrambi distano circa un'ora, con una viabilità e un sistema dei trasporti veramente molto complesso».

Nell’intervento non mancarono le critiche all’approccio aziendalista alla sanità, che mette al primo posto la riduzione dei costi piuttosto che il diritto alla salute dei cittadini, «un diritto che rischia di essere sempre di più compromesso, nonostante le roboanti dichiarazioni del presidente, nonché commissario alla sanità, Roberto Occhiuto, che continua a tagliare sulle risorse e a propagandare una ripresa della sanità calabrese, mentre il diritto alla salute di questi cittadini è continuamente appeso a un filo sottilissimo. Che cosa accadrà con l'autonomia differenziata, lo vedremo da qui a breve e, sicuramente, le anticipazioni non sono affatto positive».

Il giorno successivo, l’11 ottobre 2024, (manco a farlo apposta) la Consigliera regionale Presidente della Commissione Sanità Pasqualina Straface si recò in visita all’ospedale di Acri per un incontro con la Direttrice dello Spoke e alcuni medici, insieme ai referenti territoriali del centrodestra. «I risultati progressivamente ottenuti dall’equipe medica dell’ospedale Santo Angelo di Acri, tanto per le prestazioni effettuate dal Pronto Soccorso che in Day Ospital, confermano l’operatività, la competenza e l’efficienza delle figure mediche presenti nella struttura che deve continuare ad essere sicuramente potenziata con strumenti e nuove figure mediche», scrisse in una nota la Straface.

L’incontro si concluse con le consuete foto di rito, comunicati rassicuranti e dichiarazioni ottimistiche. Ma per i cittadini, il risultato concreto di questa visita è stato (probabilmente) nullo: la sanità ad Acri resta in sofferenza, mentre la politica continua a giocare con le aspettative della comunità.