Il professor Pelaia illustra il nuovo dispositivo: «È una risposta concreta, pratica e facile da usare per i pazienti, anche i più giovani»
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Novità per chi soffre di asma grave, la forma più severa di questa malattia cronica delle vie respiratorie che può peggiorare con i primi freddi dell’autunno. Presentato in Calabria un nuovo dispositivo che consente di tenere sotto controllo gli attacchi di “fame d’aria” tramite una semplice iniezione ogni quattro settimane che si può fare tranquillamente anche in casa. A tutto vantaggio della qualità della vita del paziente, che non sarà più costretto a recarsi in ospedale una volta al mese per la somministrazione della terapia, ed eviterà inoltre una potenziale esposizione al rischio di contagio da Covid-19.
In Italia a soffrire d’asma sono circa 3 milioni di persone. Di queste, circa il 10% è colpito dalla forma grave, che si caratterizza per le sue crisi particolarmente serie al punto da costringere ogni anno 4 persone su 10 a ricorrere alle cure del pronto soccorso. In Calabria si calcola che i pazienti asmatici siano circa 100mila, dei quali circa 5-10 mila affetti dalle forme gravi di asma. Ogni anno molti calabresi affetti da asma grave si recano nelle strutture di pronto soccorso degli ospedali della Regione.
Una penna per combattere l’asma
La terapia consiste in una penna pre-riempita di mepolizumab, un farmaco a base di un anticorpo monoclonale in grado di agire su uno dei “carburanti” degli attacchi di asma (l’Interleuchina-5), e dotata di un minuscolo ago: con una sola iniezione al mese, che il paziente può praticare da sé senza problemi in casa, l’asma grave viene facilmente tenuta sotto controllo. La penna ha ottenuto anche l’autorizzazione all’uso in età pediatrica per gli adolescenti a partire dai 12 anni. Per i bambini dai 6 agli 11 anni, invece, il dosaggio del farmaco è inferiore e richiede quindi necessariamente l’intervento del medico.
La terapia
«L’asma grave è una patologia invalidante che limita il paziente in qualsiasi attività. Diagnosticarla con certezza e tempestività diventa dunque fondamentale per disegnare nel modo corretto la terapia e restituire a chi ne soffre una qualità di vita accettabile», afferma Girolamo Pelaia, professore ordinario e direttore della Unità operativa complessa di malattie dell’apparato respiratorio all’Università Magna Graecia di Catanzaro.
«In particolare, mepolizumab è indicato per il tipo di asma grave ‘eosinofila’, così chiamata dal nome di specifici globuli bianchi che aumentano il rischio di riacutizzazioni, cioè nuovi attacchi, e caratterizzata da un’elevata infiammazione. I risultati degli studi clinici, confermati nella real life, hanno dimostrato che il mepolizumab è in grado anzitutto di bloccare il processo infiammatorio, causando una riduzione dell’84% di questi globuli bianchi già entro 4 settimane dall’inizio del trattamento. Inoltre, fa diminuire del 69% le riacutizzazioni in generale e del 77% quelle che provocano una visita al pronto soccorso o un ricovero in ospedale. Infine, grazie a una modalità di somministrazione così semplice e pratica come la penna pre-riempita, il paziente è più portato a seguire la terapia», fa notare il Prof. Pelaia. Fino a oggi, di fronte a pazienti che non riuscivano a controllare bene la malattia nonostante l’uso di steroidi inalatori ai massimi dosaggi, il medico era costretto a utilizzare corticosteroidi per via sistemica, che però comportano pesanti effetti collaterali: per esempio aumento del peso e della glicemia, rischio di osteoporosi.
«Oggi per questi malati – aggiunge il prof. Pelaia – abbiamo invece una risposta concreta, ancora più pratica e facile da usare, con un’efficacia elevata come la penna pre-riempita. In questo modo conteniamo gli effetti collaterali del cortisone e in alcuni casi riusciamo ad azzerarli». Ma c’è anche un altro vantaggio che specie di questi tempi non può essere sottovalutato: «In un periodo storico in cui siamo chiamati a contenere il rischio pandemico da Covid-19, questo dispositivo consente ad un paziente fragile come quello asmatico, di evitare un ulteriore rischio di contagio venendo in ospedale», conclude il prof Pelaia.