Stenta a crescere in Calabria la cultura della donazione degli organi e a peggiorare la situazione è il dato sulle opposizioni alla donazione da parte dei familiari. «La nostra regione è fanalino di coda per quanto riguarda le donazioni - afferma Giovanni Mazzitello, nefrologo all'ospedale di Soverato e coordinatore trapianti per l'area Ionio - rischiamo la chiusura del centro trapianti calabrese. I nostri corregionali che hanno necessità di organi sono costretti ad emigrare poiché in Calabria non c'è la cultura della donazione. E tantissime sono le opposizioni da parte dei congiunti». Per questo è necessario formare e informare i cittadini promuovendo un gesto di grande generosità, qual è quello della donazione, che consente al ricevente di tornare a vivere, come testimonia Antonio Carello, di Stalettì, a circa 20 anni dal trapianto di fegato: «Sono rinato grazie alla nobiltà d'animo di chi è stato favorevole alla donazione».

 

Fatale la puntura di una zecca

La sua storia Carello ha deciso di raccontarla nelle 150 pagine del libro "Dal tramonto all'aurora". «Essere ammalati non è una cosa facile da sopportare - si legge nell'introduzione - essere ammalati senza prospettiva di guarigione è drammatico. Il dono che ho ricevuto è stato così grande - prosegue Carello - che non so quanto bene dovrò fare quotidianamente per poter ripagare di tutto ciò, e per questo vorrei che il giorno fosse più lungo della notte, per potermi rendere utile il più possibile». È stata la puntura di una zecca a stravolgere la vita di Antonio nel 1995 in una giornata come tante altre, mentre era intento a tagliare l'erba. Un morso che ha provocato la "rickettsiosi", chiamata volgarmente "febbre da puntura di zecca". Da lì il calvario e il rischio di rimanere cerebroleso per tutta la vita. «Fortunatamente la sorte ha voluto che il sangue infetto salendo verso il cervello - si legge ancora nel libro - abbia provocato un'emorragia fuoriuscendo dal naso, evitando di produrre danni maggiori». Ma le cattive notizie non arrivano mai da sole e Antonio, ricoverato nel reparto malattie infettive di Catanzaro, dopo ulteriori analisi, scopre di essere affetto anche da epatite C. Da lì tante peripezie, viaggi della speranza per Roma e Firenze, la paura di non farcela e poi, finalmente, il trapianto.

 

Una nuova vita dopo il trapianto

Oggi Antonio Carello, padre di due figli, ricorda quei momenti con profonda commozione. Accanto a lui c'è sempre la moglie Lina Griffo che pensando a quei giorni dice: «Ho avuto tanta paura nonostante mio marito sia sempre stato un uomo forte, un gran lavoratore, una persona sempre attiva e dinamica. Abbiamo sofferto tanto. Ricevere un organo è un grande dono. Il pensiero va senz'altro a chi ha perso una persona cara ma nello stesso tempo cresce la gioia per una nuova vita».

 

La testimonianza di Antonio Carello verrà trasmessa integralmente nel corso della nuova puntata di LaC Salute in onda domani, mercoledì 25 aprile, alle 13.30, alle 15.00 e alle 20.00. Insieme al nefrologo Giovanni Mazzitello, che è anche coordinatore trapianti per l'area Ionio, si parlerà di insufficienza renale e trapianti.

 

Rossella Galati