VIDEO | Questa mattina una delegazione ha manifestato davanti alla cittadella regionale per chiedere il riconoscimento delle realtà Breast unit presenti in Calabria che, così, potranno accedere ai fondi per migliorare il servizio
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Istituire negli ospedali le reti oncologiche, le cosiddette “Breast Unit” costituite da tutte quelle figure professionali che ruotano attorno al percorso di diagnosi e cura delle donne con tumore al seno e di cui fanno parte chirurghi, radiologi, oncologi, radioterapisti, psiconcologi, fisioterapisti. Questa la richiesta di una delegazione che questa mattina ha manifestato davanti alla cittadella regionale, in rappresentanza di circa 400 donne calabresi con carcinoma alla mammella che vogliono curarsi in Calabria.
In tutta Italia, manca all’appello solo la Calabria. In regione esistono tre Breast Unit: all’ospedale “Pugliese- Ciaccio”, al policlinico universitario di Catanzaro ed una all’ospedale “Annunziata” di Cosenza. Realtà che però non sono state riconosciute dalla Regione e che quindi non possono accedere ai fondi che consentirebbero di migliorare il servizio attraverso l’implementazione di nuove attrezzature tecnologiche e di personale specializzato.
Le testimonianze
«Sul manifesto che abbiamo realizzato per questa mobilitazione – ha spiegato la presidente dell’Associazione regionale donne operate al seno (Ardos), Vittoria Tolomeo – abbiamo inserito delle foto in bianco e nero perché non abbiamo ottenuto ancora il riconoscimento delle breast unit, ma vogliono diventare a colori».
«Io posso testimoniare – ha detto Silvia Ettore, in rappresentanza del Movimento “Donne per le Donne” – come le breast unit mi abbiano salvato la vita. Per la gravità della mia malattia lo scorso anno neanche riuscivo a camminare. Nella mia rete oncologica sono stata seguita in tutto il percorso. Un sostegno ed una professionalità che mi ha consentito di curarmi in Calabria, a quaranta minuti dalla mia casa e dalla mia famiglia ed è stato importante per me che ho due bambini piccoli e che le cure sono lunghe e faticose».
Particolarmente commossa anche un’altra signora presente, una calabrese di adozione, che con le lacrime agli occhi ha voluto testimoniare quanta cura, dedizione e competenza ci sia anche in Calabria: «Ci sono professionalità – ha detto - che non capisco perché non vengano valorizzate. Si parla sempre delle cure di fuori regione. Ora basta. La Regione deve rendersene conto e darsi una mossa perché purtroppo ogni volta che si entra in queste strutture le persone aumentano».