Il segretario nazionale Fsi si rivolge al presidente del Consiglio e al ministro della Salute: «I cittadini che necessitano di cure non possono essere considerati alla stregua di pedine da sacrificare»
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Riportiamo la lettera aperta di Sarah Yacoubi, segretario Nazionale Fsi all’indirizzo del presidente del Consiglio Conte e del ministro della Salute Grillo.
«Onorevoli, mi rivolgo alle SS.LL. per invocare , per quanto le Loro specifiche competenze istituzionali , un urgente e decisivo intervento atto ad evitare il definitivo collasso della sanità Calabrese. Appare superfluo anche minimamente accennare , in quanto ampiamente noto, allo scontro in queste ore in atto tra Commissariato ad acta per il piano di rientro della Regione Calabria e la Giunta Rergionale Calabria relativamente la gestione dell’ASP di Reggio Calabria. Una sorta di partita a scacchi giocata da una parte all’altra con movimenti e sacrifici di pedine , arretramenti, attacchi , in attesa di pervenire allo scaccomatto. Ma la sanità non è assimilabile ad un gioco, così come i cittadini che necessitano di cure non possono essere considerati alla stregua di pedine da sacrificare, in questa partita oggi palesemente divenuta un mero esercizio di potere. Chi da tempo, come la scrivente, segue da vicino l’evoluzione, ma forse sarebbe meglio dire “l’involuzione”, della sanità calabrese sa bene che le vicende dell’ASP di Reggio costituiscono solamente una piccola serie di episodi integrati in una sorta di serial televisivo aperto la cui durata rischia di superare quella della arcinota “ Dallas”.
Da troppo tempo infatti le strutture sanitarie calabresi sono lasciate in balia di se stesse senza un’efficace guida del dipartimento della salute che dovrebbe invece costituire il faro di riferimento nell’indicazione di linee guida e atti di indirizzo . La gestione clientelare della sanità calabrese ha così sinora prodotto un deficit di 319 milioni di euro, e conseguito il record dell’ultimo posto nella classifica per i livelli essenziali di assistenza. Tanti, troppi cittadini calabresi ormai con varie motivazioni scelgono, o sono indirettamente costretti a scegliere, di rinunciare a curarsi. Sono queste le conseguenze oggi derivanti dalla pluridecennale lottizzazione politica della sanità calabrese, e non! Sono i frutti di quel peccato originale che ha voluto e permesso che la funzione sociale della cura soccombesse all’aziendalizzazione che, possiamo oggi serenamente affermare senza dubbio di essere smentiti, è servita solo a giustificare l’erogazione di cifre milionarie alle figure apicali , ovviamente nominate dalla politica. Questa casta di eletti , sulla base di appartenenza politica e raramente per capacità personali pur di raggiungere gli obiettivi gestionali del pareggio di bilancio ha agito come farebbe qualsiasi dilettante allo sbaraglio ovvero anteponendo una indiscriminata politica di tagli (sul personale ,sui presìdi ospedalieri compresi quelli geograficamente strategici, sui servizi e financo sul cotone idrofilo o sulla qualità degli aghi per siringa ) all’effettivo dettato costituzionale di uniforme erogazione qualitativa delle cure . Per cui si assiste (tranne rare eccezioni ) ad una diffusa assistenza da terzo mondo che fa stazionare i degenti del pronto soccorso in barella per giorni e giorni, tanto quanto basta per indurli per disperazione a volontarie dimissioni , oppure a lasciare il pronto soccorso in posizione orizzontale dentro una cassa d’abete.
Qualche riflessione va conseguentemente fatta anche relativamente lo stato di emozionale di pazienti e loro parenti quale fattore determinante dei deprecabili episodi di aggressione che sempre più ricorrentemente si susseguono nei pronto soccorso. Nessun problema invece per i politici , per i loro parenti ma anche per il loro entourage . Per questi un posto in corsia si trova sempre . Sarà questione di fortuna! E un posto in corsia ed una quasi rapida interventistica è sempre a disposizione anche di chi, prima di recarsi in ospedale, procede a versare l’obolo presso lo studio del medico che opera sia privatamente che in ospedale. Sarà una coincidenza il fatto che l’esclusività del rapporto di lavoro riguardi tutte le categorie del pubblico impiego tranne alcune eccezioni quali la classe medica ? Ad eliminare questa stranezza- chiamiamola cosi- aveva provato nel 1999 l’allora ministra della sanità Rosy Bindi la quale stranamente e certamente per mera coincidenza temporale dopo alcuni mesi, nel 2000 si dimetteva ( ? ) dall’incarico. Quanto sinora brevemente riassunto, e certamente già noto alle SS.LL., impone una riflessione indotta per similitudine dai purtroppo recenti e tragici eventi di Genova : “una struttura instabile non va rattoppata ma radicalmente ripensata demolita e rifatta”. Allo stesso modo per la sanità italiana occorre preventivamente un atto di coraggio simile a quello necessario per Genova , un colpo di spugna che elimini radicalmente incancrenimenti , privilegi, inefficienze e che si svincoli dell’organizzazione medicocentrica, nonostante l’attuale ministra sia un medico. Difficile ? Certamente ! Ma sono proprio le scelte difficili che da Voi si attendono i Cittadini che col loro consenso Vi hanno prestato fiducia».