L'imponente struttura eroga numerosi servizi sanitari, tra cui quelli della Neuropsichiatria infantile, ma rischia di chiudere per problemi strutturali. Ora i genitori dei piccoli pazienti chiedono interventi urgenti
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«Egregio dr. La Regina, i nostri destini si sono fatalmente incrociati lungo la strada della “questione Poliambulatorio di Scalea”. Contando, un giorno, di avere il piacere di incontrarci personalmente, per ora ci presentiamo come le mamme del distretto Tirreno, area nord, che frequentano l’ U.O. di Npi ubicata all’interno del suddetto poliambulatorio e che da qualche mese vivono, con pessimo stato d’animo, la notizia di una paventata chiusura del Servizio». Comincia così una lunga lettera di un gruppo di mamme indirizzata al commissario dell'Asp di Cosenza, Vincenzo Carlo La Regina, nella quale chiedono interventi immediati per salvare l'imponente struttura che a causa di criticità strutturali rischia di chiudere.
Le mamme: «Viviamo costantemente nel dolore»
«Forse “preoccupazione” non è la parola che più si addice al nostro sentire - scrivono ancora le mamme -, il nostro è un vero e proprio dolore, un dolore persistente nell’assistere a ciò che la sorte ha deciso per i nostri figli, perché solo di sorte può trattarsi, non vi può essere ulteriore “giustificazione”, non di certo».
«Lasciateci il poliambulatorio»
«Nel contesto delle poche opportunità che la nostra Calabria ci offre, il Poliambulatorio di Scalea ed il centro di Neuropsichiatria Infantile si inseriscono come timide piante in una terra arida, ma se il servizio sarà dirottato chissà dove a chi dovremmo rivolgerci noi dell’alto Tirreno cosentino? È facile, o forse no, dire: “ma si, qualche km in più cosa vuoi che sia?”. E’ tanto, è troppo per i nostri figli e per noi». Il riferimento è all'ipotesi che le attività ambulatoriali possano essere dirottate in strutture che si trovano una trentina di chilometri più a sud. «Abbiamo sentito voci che quotano il comune di Fuscaldo, ma questa non è una lotteria a chi si aggiudica il premio, la ricaduta, su decine di famiglie dell’area nord che si rivolgono a Scalea, sarebbe pesante».
«Che ne sarà dei nostri figli?»
«Cosa dovremo fare con i nostri bambini/ragazzi, li manderemmo a scuola o a terapia - scrivono ancora le donne firmatarie della missiva? - Perché sa, già avendo un servizio territoriale dislocato a poche decine di chilometri, è difficile incastrare gli orari e consentire a bambini e ragazzi la partecipazione attiva alle lezioni, ma grazie alle collaborazioni che nel tempo si sono create tra sanità/famiglia/scuola oggi in qualche modo riusciamo. Qualora dovessimo spostarci e allungare il tragitto, le ore di partecipazione scolastica si ridurrebbero o azzererebbero e chi ci assicura che questa sarebbe la scelta migliore per i nostri ragazzi? Ma se decidessimo di mandarli a scuola e non a terapia? Verrebbero meno opportunità di conquista di abilità necessarie alla loro vita futura, è impensabile! Così come è impensabile non mandarli a scuola, e allora? E le lunghe traversate kilometriche? Quali effetti potrebbero produrre sui nostri figli? Lo stress, che tanto temiamo per loro già fragili, quali e quanti danni potrebbe provocare?»
L'appello al commissario La Regina
«Non chiediamo la pacca sulla spalla, non chiediamo agevolazioni, chiediamo che ai nostri figli venga data la possibilità di crescere e conquistare la propria vita - dicono rivolgendosi al neo commissario Asp -. Lo chiediamo e non lo urliamo! Abbiamo imparato da loro ad essere empatici e pazienti, ma non staremo a guardare lo strappo che si potrebbe perpetrare alle loro esistenze».
Poi continuano: «Noi vogliamo continuare il nostro percorso all’interno della Neuropsichiatria Infantile di Scalea, così com’è composta e all’interno del nostro territorio. Un’organizzazione che seppure non supportata da adeguato ammodernamento e dotazione di strumenti, si impegna a far funzionare gli ingranaggi. L’equipe intera, composta da fisioterapisti, psicomotricista, logopedista, psicologa, assistente sociale, sociologa, neuropsichiatra infantile, lavora con abnegazione e professionalità, seppur consapevole di non avere tutti gli strumenti e la forza, per dare ai nostri figli ciò di cui necessitano. Ci supportano come famiglie, perché la disabilità non è solo di chi la vive, ma è dell’intera famiglia. Ci consigliano, ci ascoltano, ci sostengono e ci seguono nel percorso scolastico dei nostri figli». Ed infine scrivono: «Tale patrimonio umano e professionale riteniamo che non possa essere disperso e confidiamo anzi che sia attenzionato nel Suo operato, affinché possa essere addirittura potenziato e possa fornire risposte alle decine di famiglie che quotidianamente sono costrette a vivere quanto noi temiamo perché non hanno trovato soluzione sul nostro territorio».