«Non ce la faccio più.  Non riesco neanche a camminare; se ci riesco prendo la bombola e mi uccido, basta sono stanco». Minaccia di togliersi la vita Salvatore Sgrò se il Comune di Reggio Calabria non accetterà la sua richiesta di cambio dell’alloggio popolare. Ha 55 anni, pesa 230 chili, ed è affetto da gravi patologie motorie e respiratorie. Abita al terzo piano delle cosiddette “case parcheggio” di via Esperia, nel rione Santa Caterina, alla periferia nord della città. Dipende totalmente dalla moglie, Giuseppa Buonanti, che lo assiste 24 ore su 24. Per lui e la sua famiglia la vita è diventata impossibile. Non esce più, in ascensore infatti non riesce ad entrare. «Questo ascensore- ci dice la moglie- è sempre stato così. È troppo piccolo. Come faccio a farlo salire?- si chiede. Per uscire cosa dobbiamo fare? Farlo volare dalla finestra?».

 

Da due anni chiuso in casa

È una situazione davvero drammatica. Salvatore passa le sue giornate bloccato in un letto. Non  cammina e quindi non può fare nulla, persino andare in bagno anche perché la porta è troppo piccola. «Sono esausto- dice l’uomo alla nostra testata- sono dieci mesi che non esco dalla camera da letto e due anni da casa, da questa casa maledetta. Da quando abito qui mi sono ammalato. Prima-continua- andavo a fare le visite e mi stavo riprendendo. Ora che non sto più uscendo, mi sento condannato». Il 55enne non riesce così a curarsi, intrappolato nel corpo e in casa. Negli anni scorsi sono dovuti intervenire i vigili del fuoco per permettergli di andare dal medico.

 

«Non trattato come un umano»

Salvatore si sente umiliato, senza dignità e al Comune non le manda a dire. «Mi sento offeso al cento per cento, non vengo trattato come un umano. Il sindaco mi tiene “carcerato”, ma perché? Dicono sempre che non ci sono soldi, ma poi li trovano per le feste. Non è giusto». La moglie ha fatto il possibile, chiedendo la collaborazione di persone disponibili a trasportare il marito di peso, lungo le scale, fino al piano terra, ma ormai quei pochi metri quadrati sono diventati la loro cella. Le barriere poste dall’alloggio in cui vivono infatti, ostacolano le cure necessarie. Alla sua istanza Palazzo San Giorgio non ha mai risposto ed è per questo che la famiglia Sgrò lancia un appello al primo cittadino, Giuseppe Falcomatà, affinché  possa sostituirgli l’immobile ed evitare che Salvatore in un momento di disperazione possa togliersi la vita: questa è infatti la maggiore preoccupazione della moglie e anche del figlio. «Devo stare qua con lui tutto il giorno-dichiara la signora Giuseppa- non posso muovermi un attimo. Ho paura che si ammazza e per questo chiedo aiuto al sindaco. Che si metta una mano sul cuore e aiuti questo ragazzo di soli 55 anni. Se lui infatti, riuscisse ad uscire potrebbe andare ad effettuare le visite e la sua vita, nonostante l’obesità, avrebbe un’aspettativa più lunga».

Disagi abitativi

Siamo in presenza di un dramma familiare che solleva, ancora una volta, la paralisi istituzionale per quanto riguarda il settore dell’edilizia pubblica. Tra graduatorie bloccate, mancate verifiche sul patrimonio immobiliare comunale, e i “cambi alloggi” mai effettuati, decine di cittadini si vedono negati i propri diritti. Il caso di Salvatore e Maria è seguito dalle associazioni, che fanno parte dell’Osservatorio sul disagio abitativo, che da anni denunciano le inefficienze comunali. Ed è per questo che «considerata la situazione della famiglia Sgrò- è riportato in una nota stampa- l'Osservatorio ritiene opportuno che il sindaco provveda, in emergenza, a garantire il cambio alloggio a questa famiglia e ad ogni altra che si trovasse nelle stesse condizioni. Il Comune e l’Aterp dovrebbero, inoltre,  applicare la normativa regionale in tempi brevi, per garantire in modo strutturale tutti i cambi alloggio necessari».