Fattore dominante la collocazione strategica geografica del “Cosentino”. A darne notizia il consigliere regionale Udc Giuseppe Graziano
Tutti gli articoli di Salute
PHOTO
Sul futuro del presidio ospedaliero “Cosentino” di Cariati si apre qualche spiraglio. Il Ministero della Salute ha chiesto una relazione dettagliata e maggiori riscontri all’ufficio del Commissario ad acta sulle condizioni strutturali e logistiche e sulla fattibilità di una possibile riapertura del presidio considerata la funzione strategica che esso assume in un territorio carente di mobilità e privo di altri servizi assistenziali.
È quanto fa sapere il presidente del Gruppo Udc in Consiglio regionale, Giuseppe Graziano che, rispetto a queste ultime novità, ha avuto modo di confrontarsi anche con il comitato Uniti nella Speranza e con l’ex direttore sanitario del nosocomio cariatese, Michele Caligiuri.
Le ripercussioni sullo spoke Corigliano-Rossano
Gli effetti prodotti dalla chiusura del presidio tanto di Cariati quanto quello di Trebisacce hanno determinato negli anni non solo disagi per le popolazioni dell’alto e basso jonio cosentino, ma anche forti contrazioni allo spoke di Corigliano Rossano, già precario di suo, verso cui è poi confluita l’intera utenza della Sibaritide. E tutto questo in nome di un ospedale (il costruendo) che verrà e se verrà.
L’interessamento del viceministro Sileri
«Nei giorni scorsi – dice Graziano – insieme ad una delegazione del comitato abbiamo incontrato nella sede del dicastero della Salute a Roma, il viceministro Pierpaolo Sileri per rappresentargli una questione, quella della chiusura dell’ospedale di Cariati, avvenuta per effetto del commissariamento della sanità in Calabria e della consequenziale necessità di taglio della spesa.
Oggi registriamo un passo in avanti ed è apprezzabile come il viceministro si sia subito adoperato per avere tecnicamente chiara la vicenda e valutare tutte le azioni successive. È inutile ribadire che la riapertura del nosocomio “Vittorio Cosentino” è una necessità impellente per far fronte alle esigenze di un territorio isolato dal resto del contesto calabrese e i suoi cittadini per ricevere le prestazioni previste dal servizio sanitario pubblico sono costretti ad emigrare».