Rischia di concludersi con un ennesimo buco nell’acqua la soluzione individuata in extremis dalla Regione per “ristorare” i sanitari impegnati durante l’emergenza pandemica nei reparti a più alto rischio contagio dei presidi ospedalieri calabresi. Durante l’ultima manifestazione di protesta inscenata sotto la Cittadella i dipendenti delle aziende sanitarie e ospedaliere - con in capo le organizzazioni sindacali - si erano mostrati determinati a condurre in porto la vertenza che vede la sola Calabria a non aver ancora erogato le spettanze stanziate dal Governo: 14 milioni di euro.

Il "dubbio" accordo 

Ma soprattutto non intenzionati – in questo caso i sindacati - a muovere passi indietro sull’accordo sottoscritto nel luglio del 2020 che individua criteri e modalità di distribuzione delle indennità ai sanitari. E appare oggi questo l’anello più debole, l’accordo è stato infatti di recente anche contestato in sede di trattativa dallo stesso commissario ad acta, Guido Longo, che ne aveva messo in dubbio la validità poiché sottoscritto da chi non aveva titolo. I criteri di riparto – pattuiti con le sigle sindacali e inclusi nel dca 34/2021 – non consentono infatti una distribuzione sostenibile delle risorse che appaiono ancora del tutto insufficienti.

Rastrellamento comunitario

Al netto delle erogazioni già effettuate alle aziende sanitarie e ospedaliere ma drenate per liquidare ai sanitari gli straordinari Covid, la struttura commissariale ora tenta la carta dei fondi comunitari e avvia un rastrellamento sulle linee di finanziamento che l’Unione Europea nel luglio dell’anno scorso aveva acconsentito di riprogrammare e ancora interamente nelle disponibilità della Regione, che finora ha dimostrato di non essere nelle condizioni di impegnarle e investirle per le finalità cui erano state destinate. Complessivamente, 140 milioni di euro per potenziare le reti territoriali e ospedaliere calabresi nel contrasto alla pandemia.

Sanitari a bocca asciutta

Ebbene al fianco di misure per eseguire interventi prettamente strutturali, ve n’è una per l’incentivazione del personale impegnato in corsia e da qui - dipartimento e struttura commissariale - intendono pescare le risorse per non far restare a bocca asciutta i sanitari che ancora non hanno ricevuto neppure un euro del denaro stanziatogli dal Governo l’anno scorso. Orientativamente, per liquidare le indennità Covid dovrebbero essere utilizzati 15 milioni di euro anche se la cifra non è ancora definitiva in quanto si è ancora in fase di assestamento delle risorse comunitarie.

Fondi insufficienti

Tuttavia, anche questa manovra potrebbe culminare in un altro buco nell’acqua dal momento che i fondi reperiti appaiono del tutto insufficienti, se si pensa che per una sola delle nove aziende sanitarie e ospedaliere calabresi ne servirebbero almeno 23 di milioni utilizzando, appunto, i criteri di riparto previsti nel famoso accordo di luglio 2020.

Fondi comunitari, questi sconosciuti

E non meno a rischio appare poi l’intera dotazione finanziaria messa a disposizione dall’Unione Europea per effettuare interventi strutturali e infrastrutturali nelle aziende sanitarie e ospedaliere calabresi: 140 milioni di euro. Dopo un anno non un solo progetto ha finora tagliato il traguardo del completamento e così dopo la reprimenda giunta direttamente da Bruxelles il dipartimento Tutela della Salute è stato affiancato dall’Autorità di Gestione, ovvero il dipartimento di Programmazione nazionale e comunitaria che sta fornendo professionalità e, soprattutto, dipendenti al disastrato dipartimento attualmente retto dal facente funzioni, Giacomino Brancati.

Serrare i ranghi

Nei giorni scorsi proprio alla Cittadella si è tenuta una riunione sul tema. Convocate le aziende sanitarie e ospedaliere calabresi per accelerare i tempi e renderli compatibili con quelli della spesa comunitaria. La deadline è stata fissata entro la fine di luglio, quando il dipartimento si è impegnato a pubblicare le manifestazioni d’interesse rivolte alle aziende che dovranno formalizzare le proposte di intervento successivamente da finanziare.

Gli interventi impossibili

Tuttavia, è presumibile che la gran parte verranno esclusi poiché da un lato i rigidi criteri per l’impegno delle risorse comunitarie rendono spendibili le risorse unicamente per interventi di contrasto al Covid e d’altro canto i lavori di edilizia sanitaria tout court prevedono tempi non compatibili con la chiusura del Por. Le diverse fasi di progettazione dilazionerebbero la durata indefinitamente. Da qui l’invito alle aziende a privilegiare l’acquisto di apparecchiature, dotazioni tecnologiche e sistemi di telemedicina, lasciando momentaneamente tra parentesi l’ammodernamento degli edifici, alcuni davvero in pessime condizioni.