Si chiama “Rotablator” o “aterectomia rotazionale” e per via della sua complessità è patrimonio di meno di una decina di Centri sul totale di quelli che operano in Italia. È una procedura che viene utilizzata in quei pazienti che presentano delle placche calcifiche sulle coronarie. Al cospetto di tali placche, per ristabilire la normale circolazione sanguigna la valutazione medica può orientarsi o verso l’impianto di by-pass o verso il supporto del Rotablator. Nell’ipotesi in cui l’opzione chirurgica non fosse praticabile, infatti, l’aterectomia rotazionale rende nuovamente estendibile il vaso, consente di dilatarlo con il palloncino e di impiantare uno stent.

La funzione della rotablator

Il Rotablator è una fresa provvista di una punta diamantata che ruota a una velocità elevatissima; la sua azione, simile per alcuni versi a quella di un picchio contro la corteccia di un albero, permette appunto di eliminare la parte più interna della calcificazione. Nonostante la semplicità di funzionamento, è una metodica tutt’altro che facile da eseguire; comporta per i sanitari una curva di apprendimento piuttosto lunga e questo spiega perché, in Italia, sono pochi i Centri che la applicano in un numero di casi significativo (oltre 20 all’anno). Tra questi, il S.Anna Hospital, dove peraltro l’équipe di emodinamica guidata dal dottor Bindo Missiroli ha messo a punto una tecnica originale che rende meno complicato l’utilizzo del Rotablator. L’intera tematica sarà oggetto di una serie di incontri – il primo dei quali si è già tenuto nei giorni scorsi – tra i medici del S. Anna e loro colleghi di altre regioni che all’interno delle rispettive strutture intendono implementare l’uso della metodica o introdurla ex novo.

 

Tecnica complessa

«Il motivo d’interesse di questi incontri – spiega Missiroli – risiede nel fatto che il Rotablator è una procedura scarsamente diffusa; non perché non ve ne sia maggiore bisogno ma perché, oggettivamente, incute timore per il suo livello di complessità e per le possibili complicanze relate alla procedura stessa. La novità di esecuzione che abbiamo introdotto al S. Anna consiste nel coinvolgimento paritario di due operatori, piuttosto che di un primo operatore e di un aiuto. Questo consente di gestire più agevolmente tutti i materiali, a cominciare dalla sottile anima metallica lungo cui scorre la fresa e che raggiunge l’inusuale lunghezza di tre metri. Grazie all’esperienza accumulata negli anni, con il collega Gaetano Morabito abbiamo raggiunto un livello di sincronia e coordinamento nelle manovre tale da consentirci un volume significativo di interventi, che fa di noi un punto di riferimento non solo per i pazienti ma anche per i colleghi. Nel primo incontro – ha aggiunto Missiroli – abbiamo ospitato emodinamisti dell’ospedale “San Paolo” di Bari e del “Miulli” di Acquaviva delle Fonti. Abbiamo eseguito due procedure live che grazie al collegamento in diretta dalla sala di emodinamica, sono state discusse in tutti i loro aspetti, dall’ecografia intracoronarica alla valutazione finale del risultato dopo l’utilizzo del Rotablator. L’apprezzamento e la soddisfazione dei colleghi alla fine di questo primo incontro ci ripagano dello sforzo organizzativo ma soprattutto ci pongono nello spirito giusto per proseguire nella condivisione dell’esperienza accumulata fin qui».