Il consigliere regionale ha inviato una lettera al commissario ad acta per la sanità Saverio Cotticelli e al sub commissario Thomas Schael: «È come se fosse stato cancellato un intero nosocomio»
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«Il ministro della Salute Giulia Grillo, nella visita lampo in Calabria, se avesse avuto il tempo di discutere e confrontarsi anche con le altre realtà della nostra regione, si sarebbe resa conto della gravità in cui versa tutto il sistema sanitario calabrese». Così una lettera del consigliere regionale Carlo Guccione indirizzata al commissario ad acta per la sanità Saverio Cotticelli e al sub commissario Thomas Schael.
«La Calabria – spiega la lettera - è la regione d’Italia con la dotazione più bassa di posti letto per acuti che è pari a 2,46 per mille residenti contro un valore medio italiano di 3,15. Il tasso di posti letto totale è di 2,89 per mille, a fronte di un valore medio italiano di 3,74. Al dato già penalizzante dei posti letto per abitante, si deve aggiungere la situazione drammatica che si verifica in provincia di Cosenza. Se confrontiamo, infatti, i dati dei posti letto degli ospedali Spoke di Cetraro-Paola, Castrovillari e Rossano-Corigliano e dell’ospedale Hub di Cosenza, emerge che su un totale di 1465 posti letto per acuti assegnati dal decreto 64/2016 del Commissario per l’attuazione del Piano di Rientro, quelli che in realtà sono stati effettivamente attivati sono soltanto 1091. Mancano, dunque, 374 posti letto per acuti».
Secondo Guccione «analizzando questi numeri è come se, nella provincia più grande della Calabria, fosse stato cancellato un intero ospedale con ben 374 posti letti. Cifre che mettono in discussione i Livelli essenziali di assistenza. E il rischio è che in tutte le attività ospedaliere possano venir meno i requisiti di legge previsti dalla normativa a garanzia della salute e della sicurezza dei cittadini».
Il consigliere incalza ancora: «Ma le criticità non sono finite qui. Non solo la Regione Calabria fino ad oggi non ha mai fatto valere i suoi diritti ai tavoli della Conferenza dei Presidenti, non controllando o contestando alcun dato sulla mobilità passiva (alla Calabria sono stati imputati costi per oltre 5 milioni di euro per prestazioni di cittadini non residenti in Calabria), ma dei 55.605 ricoveri fuori regione molti, al di là degli errori, potevano essere evitati se almeno i posti letti, previsti dal decreto, fossero stati attivati e non rimasti sulla carta. Un costo altissimo dal punto di vista economico e sociale per migliaia di pazienti e familiari che sono stati costretti a curarsi fuori regione. Altro che ospedale da campo. Nei quattro ospedali della provincia di Cosenza mancano oltre il 30% dei posti letto per acuti. Sono anni ormai che la provincia di Cosenza è costretta a sopportare il fatto che il più grande ospedale della Calabria si trovi fuori regione. È grave che a disattendere le norme in materia sanitaria siano proprio le istituzioni pubbliche. Ed è ancora più grave che questo avvenga in un settore dove è in gioco la salute e la vita dei cittadini».
Guccione ritiene «paradossale che nella nostra Regione vengano disattese e non applicate le norme commissariali (decreto 64/2016) che dettano la riorganizzazione ospedaliera. E questo accade senza che nessuno intervenga per richiamare le istituzioni competenti all’applicazione e alla realizzazione di quanto previsto. In provincia di Cosenza basterebbe mettere in atto quello che è già previsto dalle leggi dello Stato e dall’ufficio del Commissario per il Piano di rientro che ha decretato che i posti letto per acuti siano, nei tre ospedali Spoke e in quello Hub, 1465. Dato, tra l’altro, molto al di sotto della media nazionale. Sarebbe necessario un vero e proprio piano di emergenza sanitario visto che i decreti non si sono tramutati in atti concreti e in servizi ospedalieri e territoriali efficaci alle esigenze dei cittadini. Attraverso questo piano straordinario bisognerà garantire, nei prossimi mesi, la piena applicazione del decreto commissariale dotando la rete ospedaliera della provincia di Cosenza di tutti i posti letto per acuti previsti per legge. Ciò sarà possibile, ovviamente, con la presenza delle dovute apparecchiature tecnico-biomediche e incrementando il numero di medici, infermieri e operatori socio sanitari» conclude il consigliere regionale.