Al “Majorana” di Corigliano Rossano si è tenuto un incontro di sensibilizzazione sul diabete, una patologia che colpisce milioni di persone e che, in occasione della recente Giornata Mondiale del Diabete, è stata approfondita per educare i giovani su come prevenirla. La dottoressa Pia Salerno, responsabile dell’ambulatorio di diabetologia dello Spoke di Corigliano Rossano, ha dialogato con gli studenti del corso biomedico per mettere in evidenza quanto l’alimentazione e lo stile di vita possano influire sull'insorgenza della malattia. «Sensibilizzare i giovani è fondamentale – ha spiegato la dottoressa – perché adottare buone abitudini può prevenire o ritardare l’insorgenza del diabete, specie in chi ha una predisposizione genetica». Il focus dell’intervento ha riguardato soprattutto il diabete di tipo 2, una patologia sempre più diffusa tra i giovani, spesso associata all’obesità addominale. Questo tipo di grasso, definito viscerale, rappresenta un fattore di rischio elevato per sviluppare non solo il diabete, ma anche la sindrome metabolica e complicazioni cardiovascolari. Secondo Salerno, il consumo eccessivo di cibi lavorati, ricchi di zuccheri e grassi, è uno dei principali problemi: «Oggi i giovani sono bombardati da pubblicità che promuovono alimenti super raffinati, l’esatto contrario di ciò che sarebbe salutare. Tornare a una dieta fatta di fibre, cereali integrali, ortaggi e frutta è una sfida, ma una priorità».

Un incontro di sensibilizzazione sul diabete a Corigliano Rossano ha rivelato dati allarmanti sulle abitudini alimentari dei giovani. La maggior parte segue diete poco equilibrate e fatica a mantenere uno stile di vita attivo.

Lo stile di vita conta

L’attività fisica è stata presentata come un alleato indispensabile. Muoversi regolarmente non solo aiuta a mantenere il peso forma, ma migliora il metabolismo e riduce il rischio di sviluppare complicazioni. Per chi ha una predisposizione genetica, la prevenzione è ancora più importante: «Non possiamo cambiare i geni, ma possiamo lavorare su ciò che è modificabile, come dieta e movimento. Questo permette di ritardare l’insorgenza della malattia e vivere meglio». Dai risultati dell’indagine condotta dalla biologa-nutrizionista Pasqualina Sprovieri su un campione di giovani tra i 13 e i 18 anni, emerge un quadro allarmante. Solo uno dei 30 diari alimentari analizzati si avvicina a un piano equilibrato, mentre il resto evidenzia abitudini sbagliate: consumo eccessivo di prodotti confezionati, come merendine, brioche e pizza, e una scarsissima presenza di legumi o verdure. A ciò si aggiunge una quasi totale assenza di attività fisica, aggravando una situazione già di per sé critica. «I dati sono preoccupanti – spiega la dottoressa – il diabete giovanile è in forte aumento e le cattive abitudini alimentari, unite a uno stile di vita sedentario, rappresentano un serio rischio per le future generazioni». Secondo la Sprovieri, il ritorno a una cucina casalinga e tradizionale è fondamentale: «Capisco che la vita frenetica renda complicato seguire una dieta equilibrata, ma è necessario che le famiglie si impegnino a offrire cibi più sani, come verdure fresche, legumi, cereali integrali e alimenti non confezionati. Mangiare bene oggi significa prevenire costi sanitari elevati domani». La biologa sottolinea come il consumismo spinga verso cibi economici e di facile preparazione, ma poco salutari: «Una torta fatta in casa con farine poco raffinate è un’alternativa migliore rispetto ai prodotti industriali, e allo stesso modo è preferibile preparare una pizza con ingredienti genuini piuttosto che consumare quella già pronta». La nutrizionista propone una serie di alimenti da privilegiare e altri da evitare. Da preferire: cereali integrali (orzo, farro, couscous), legumi, pesce, carne e formaggi consumati con moderazione, oltre a frutta e verdura di stagione. Da evitare assolutamente: prodotti preconfezionati, bevande zuccherate, cibi ricchi di grassi saturi e raffinati, come merendine, succhi di frutta e alimenti surgelati già pronti. La Sprovieri lancia un monito: «Il diabete di tipo 2 sta raggiungendo picchi elevatissimi. È indispensabile agire ora per invertire la rotta. Solo attraverso una collaborazione tra famiglie e scuole, e promuovendo cibi sani e stagionali, si potrà costruire una generazione più consapevole e in salute».

Educazione alimentare: un investimento sul futuro

Secondo il Dirigente scolastico Saverio Madera dell’Istitutico "E. Majorana" Iti -Ita -Ipa – Rossano sarebbe auspicabile introdurre l’educazione alimentare in tutte le scuole, a partire dal primo ciclo di istruzione, per formare i ragazzi fin dalla giovane età. «L’educazione alimentare è fondamentale per prevenire il diabete e altre patologie correlate. Insegnare ai bambini i principi della dieta mediterranea significa garantire loro una crescita equilibrata». Un ritorno alle tradizioni alimentari della Calabria, basate su piatti semplici e nutrienti, è indicato come una via per contrastare i danni di un’alimentazione ricca di calorie vuote e prodotti industriali. L’obiettivo non è vietare occasionali eccezioni, ma promuovere un regime equilibrato, fondato su proteine vegetali, cereali integrali, legumi e verdure. Lo stile di vita odierno, caratterizzato dalla sedentarietà e dall’abbondanza di cibi ad alta densità calorica, è un retaggio delle necessità energetiche del passato. «Un tempo, chi lavorava nei campi o come boscaiolo aveva bisogno di alimenti ricchi di calorie per affrontare il duro lavoro fisico. Oggi, però, quella necessità è scomparsa, ma restiamo legati a gusti e abitudini che non sono più adatti al nostro stile di vita». La prevenzione del diabete passa anche attraverso una maggiore collaborazione tra famiglie, scuole e autorità sanitarie. «È importante che i ragazzi, dopo aver partecipato a incontri di sensibilizzazione, tornino a casa e discutano con i genitori di ciò che hanno appreso», ribadisce l’esperto. Solo con una consapevolezza condivisa si potrà ridurre l’impatto di questa malattia e garantire un futuro più sano alle nuove generazioni. La lotta al diabete non è una questione individuale, ma un impegno collettivo che richiede educazione, confronto e, soprattutto, un ritorno a scelte alimentari più consapevoli e radicate nelle tradizioni del territorio.