L’azienda ricostruisce i fatti a ridosso della tragedia dello Jazzolino ma non riporta la sollecitazione al ricovero fatta ieri dalla coppia
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«La sig.ra G.M.A. di anni 32 il 26 settembre, essendo alla 37° settimana di gravidanza, si è presentata all’U.O. di Ostetricia e Ginecologia del presidio ospedaliero di Vibo Valentia per i previsti accertamenti sanitari. In tale circostanza la paziente, oltre alla visita preventiva, è stata sottoposta agli esami di laboratorio e strumentali (prelievo del sangue, ecografia, flussimetria, elettrocardiogramma etc.). Non emergendo problemi a carico del feto e della stessa paziente, quest’ultima è stata rinviata al proprio domicilio, non prima di concordare con i sanitari un ricovero programmato per il 10 ottobre (39° settimana di gravidanza), al fine di procedere con il parto cesareo». È quanto afferma in una nota la direzione generale dell’Asp di Vibo Valentia che omette però di ricordare – come risulta dalla denuncia presentata dal marito della donna in Questura a Vibo – che nella giornata di ieri, 9 ottobre, marito e moglie alle ore 10,30 si erano recati nel reparto di Ginecologia per chiedere informazioni e sollecitare il ricovero e per procedere al parto mediante il taglio cesareo.
«Alle 10,21 di oggi – scrive la direzione generale dell’Asp – la sig.ra è stata sottoposta ad ulteriori controlli dai quali purtroppo è emersa la presenza di un feto premorto. Appresa la notizia, il marito della sig.ra G.M.A. ha avuto una reazione incontrollata, tale da indurre l’ostetrica di turno a chiamare la polizia. Il direttore Generale F.F. dr.ssa Elisabetta Tripodi, nell’esprimere particolare vicinanza alla sig.ra G.M.A. e ai familiari per quanto accaduto, ha immediatamente disposto, nel rispetto della tutela della professionalità degli operatori Asp, una inchiesta interna volta ad accertare i fatti avvenuti, riservandosi di adottare i dovuti provvedimenti nel caso in cui dovessero scaturire specifiche responsabilità».