La settimana scorsa sono stati rinviati a giudizio i genitori, lo zio e due cugini di Saman Abbas, la ragazza pakistana scomparsa a Novellara nel 2021. Dovranno rispondere di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere. Malgrado ciò, il femminismo d’ordinanza tace. Ecco perché.
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Le ancelle postmoderne del "politicamente corretto" al ginseng e al rosmarino hanno colpevolmente dimenticato Saman Abbas, la ragazza pakistana scomparsa un anno fa a Novellara, che -secondo la Procura di Reggio Emilia- sarebbe stata condannata a morte dalla sua famiglia per aver rifiutato la liturgia tradizionale di un matrimonio combinato. Non pervenuta, inoltre, l'eco, seppur flebile, delle opinioniste di complemento à la page, generalmente in assetto di guerra contro le nefandezze del maschio cattivo.
La vicenda, proprio in questi giorni, è tornata di stringente attualità: la settimana scorsa, infatti, sono stati rinviati a giudizio i genitori, lo zio e due cugini della giovane. Dovranno rispondere di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere. Malgrado ciò, dello sdegno "femminista" d'ordinanza e di protocollo non v'è traccia.
Del resto, le mammolette "progressiste", sin dall'inizio, si erano ben guardate dal censire la vicenda di cronaca come "femminicidio", termine obbrobrioso e segregante, ma pur sempre in uso presso le medesime, quando si tratta di stigmatizzare la violenza di genere. Insomma, su Saman si continua a traccheggiare. Eppure, sin qui, le indagini si sono incaricate di descrivere una storia di singolare turpitudine. Non basta tutto ciò perché si dispieghi l'indignazione delle fighette nostrane? Come mai non si issa il vessillo della rabbia? Azzardo una risposta.
Si tratta di un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo. Per le damine del "femminismo a geografie variabili", c'è delitto e delitto. Quello pakistano, lo si sappia, detiene una sua intrinseca ragionevolezza sociologica persino nella massima ruvidezza animale. Non è che lo si possa decontestualizzare dalle viscere di riferimento. Vuoi mettere? Qui non parliamo del crudele impiegato del catasto di Casalpusterlengo, colpevole sempre a prescindere. C'è crimine e crimine: quello pakistano, per Nostre Signore, è intriso di ancestrale lirismo. Di fremiti di guerra e povertà.
Di spartiti semantici primitivi. Inviolabili. Secondo le deliziose suffragette, la maschietà tribale va argomentata, discussa. E che madonna! Non è mica in ballo il ragioniere di Avellino, delle cui incontinenze delinquenziali consta l'Opera Omnia del Lombroso. E che dire del benzinaio di Matera, che- per le Erinni salottarde- andrebbe arrestato nell'istante stesso in cui si ingrifa. Sempre meglio incazzarsi con gli alpini mandrilloni, che, impunemente, tessono le lodi del tettaculismo italico e per i quali si invoca la comfort zone di Guantanamo.
Tutto il resto non fa dottrina. Men che meno, Saman e i suoi carnefici. Per le guerriere a intermittenza le priorità sono altre: i summit settimanali sui prodigi terapeutici dell'idratante- defaticante per contorno labbra; i convegni circa le malefatte mai "amnistiate" di quel merlone recidivo di Lando Buzzanca. Cosa volete che sia una giovane donna condannata al supplizio estremo da tutto il parentado, dentro una sanguinaria orgia familistica di morte? Contrordine, sorelle! Per il mostro che respira ebbrezze "islamiste" si scomodino tutte le scienze del caso! In primis, la trivella antropologica che, mentre perlustra e assolve, seda la coscienza delle merlettaie. Se osi dissentire, non sei trendy. Finisci nel mirino di attrici, registe, comari e politichettare perennemente in armi contro il sistema sessista, a patto che corrisponda al raggio d'azione virile del capocantiere di Battipaglia. Nel pieno rispetto della multimazza. Come da copione.