Le loro periferiche esistenze si lasciano percorrere e trafiggere da lancinanti livori, a causa di mancanti e significative botte di vita. Tramano maldestramente contro il "socio" di turno, non avendo mai intrattenuto alcuna consuetudine letteraria con la sublime nuvola di cipria della Marchesa de Merteuil, protagonista superba de "Le relazioni pericolose". La politica, talvolta, più che Scienza della Cosa Pubblica, è una declinazione patologica della psiche. Un’ustione dell'anima che non vuole proclamarsi redenta. La tumefazione della materia dell'Es.

L’ennesima colonia dell'acredine e del suo replicarsi in quella piccola umanità della provincialuccia italiana, che cerca un qualche strapuntino per sfuggire al gorgo del più cereo  anonimato. Le lotte tribali dentro il perimetro del centrodestra, dispiegatesi nella consultazione elettorale di Catanzaro, ne sono prova inoppugnabile. In realtà, è andata in scena una sorta di esercizio sciatto del vizio capitale per eccellenza: l’invidia. Per l’altrui possibilità di competere. Sgraziati indigeni del Palazzo hanno così mostrato al dirimpettaio di quartino i loro timidi talenti. Da tempo in stipsi.

Non parliamo di visioni del mondo contrapposte. Di weltanschauung, per intenderci. Magari fosse così! La guerra fratricida è roba da modestissime faide di parentado velenoso e dalla esondante bile. Sennonché, l'invidia, pur vivendo in clandestinità e abitando gli anfratti del sottosuolo, è un demone di rango. Non ha grandi capacità affabulatorie né si lascia preludere da minacciose sonorità. Di rado fa pastetta con le parole. Al contrario, le sgozza perché non tramino contro il buio silente in cui il mostro dimora.

Si muove guardinga, dentro mimiche e pallori indizianti, l'invidia. Tra i vizi capitali, è quello più incline alla mimesi. Se finisce, però, in mano a principianti del male, la sgami subito e smarrisce la sua aura di peccato principe. Ecco, il centrodestra nostrano è questa cosa qui: la pulsione che nutre il contenzioso da ballatoio. Claustrante e malinconico. È il trionfo della inintelligenza delle cose della Politica. Il feretro vilipeso di Machiavelli. La belligeranza ingrugnita del quartierino. Con buona pace di Madame de Marteuill e della sua sublime perfidia.

Intanto, Nicola è il sindaco. Senza l'astensione o il voto contrario di San Vitaliano, che, per statuto cattolico apostolico romano, non ha mai creduto alla balla delle settantadue vergini del paradiso di Allah, quale premio consolatorio per sfigati kamikaze forzisti, leguncoli o tricolore.