Il Partito democratico gode solo se si fa del male. Ma in Calabria va oltre: si consegna al martirio rinunciando persino a dilazioni "orgasmiche" risarcitorie per affogare nella brodaglia del civismo
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Deve essere particolarmente divertente indirizzarsi martellate ai maroni dalle parti del Nazareno. Del resto, la ricerca ostinata di piaceri kamikazici presso i dem gode di robusti precedenti. Peccato che per loro non valga la promessa di estasi da procrastinarsi nel Paradiso di Allah, grazie alle attenzioni di settantadue vergini. Solo qualche minchioncello pseudoriformista può farsi saltare in aria, senza aver prima negoziato il valore del baratto dinamitardo. Il Pd va oltre: si consegna al martirio rinunciando persino a dilazioni "orgasmiche" risarcitorie.
Reitera una sorta di autolesionismo, la cui genesi è inibita alle analisi più avvedute. Ad ogni modo, certa sinistra sembra sporgere lungo l'abisso di un inganno mistico e di una monumentale supercazzola: il primato etico e cognitivo del "paese reale" rispetto alla colpa primigenia di ogni Partito padre. Nel tempo rigoglioso di orfananze culturali e di inediti oppiacei, sovraffollato dagli untuosi chierici della pretesa castità del cittadino. Da idioti cantori della purezza, intesa come negligenza dei rudimenti della Cosa Pubblica.
Non è un caso che anche in Calabria si perpetri il vilipendio e l'abiura della Scienza della Politica dentro la rancida brodaglia del "civismo". Dopo il passo di lato della Ventura imprenditrice, si insiste sull'ennesimo prestito di professionalità altre dal perimetro del Palazzo. Amalia Bruni, ancorché prestigiosissima scienziata, è quanto di più estraneo si possa immaginare rispetto allo sguardo d'orizzonte, alla Visione, di cui si sostanziano le procedure simboliche della Politica, da intendersi come raccordo tra Saperi. Giammai, quale segmento di Conoscenza. A tal riguardo, ci soccorre in modo formidabile lo spezzone a noi più contiguo di memoria storica.
La mistica dell'uomo del fare, fuori dal perimetro dei soliti noti del Palazzo, issata dal berlusconismo dei primordi, si è schiantata contro le medesime liturgìe che intendeva avversare. Così come l'illibatezza grillina primigenia dell'"uno vale uno" si è lasciata via via infiltrare dal demone delle mediazioni e delle alleanze. Detto ciò, appare del tutto legittimo che molti di noi si sorprendano in balìa di uno struggente nostalgismo al solo ricordo delle Frattocchie togliattiane o della Scuola democrista della Camilluccia, fortemente voluta da Fanfani. Parimenti, è legittima difesa rimanere avvinti alle iperboliche "convergenze parallele" di Aldo Moro o lasciarsi rapire dal bagliore della notte di Sigonella.
Ecco, se il "civismo" ci prospetta lo sterminio delle appartenenze e dei "distinguo", la tumefazione degli dèi o l'agonìa delle magnifiche fazioni di un tempo, tanto vale mettere in salvo dalla piena un pezzetto di background delle rispettive militanze. Per non proclamarsi vinti dall'eccidio delle idee. Per non automaciullarsi i coglioni. Qui non occorrono pattuglie di zeloti ad indicarci la strada della Virtù contro i partiti "criminogeni" affinché non ci assalga la tentazione del peccato. Il civismo, nella sua migliore declinazione, può configurarsi, al contrario, come protagonismo molecolare delle fervide intelligenze del reticolo sociale, in grado di trasfondere linfa vitale lungo le malandate arterie di certa politicanza indigena.
Il civismo, nella sua declinazione migliore, deve tradursi in diffuse soggettività assertive, capaci di suggerire traiettorie altre dalle angustie egoistiche e pastettare dei comitati d'affari. A patto che non si ceda all'isteria ed ai furori iconoclastici contro il Male, a bordo di crociate bigotte in vista di improbabili rivolgimenti di popolo. Lo stesso de Magistris, il quale arringa le folle sostenendo che la rivoluzione ha luogo solo fuori dai partiti, rischia di cannare di brutto. Gli basterebbe, a tal proposito, consultarsi con un certo Lenin o con tale MaoTse -tung o Zedong, come dir si voglia. Ma questa è un'altra storia!