Tra veti incrociati e Mocio Vileda turbo che volano nel governo giallorosso, l’attesa messianica del “risolutore” si fa sempre più febbrile. Anche da Fatima un clamoroso No! Intanto FiBel Castro...
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La Madonna di Fatima, che al contrario di Maurizio Landini non ha mai professato alcuna fede operaista, appare solo a pastorelli o a similari genìe rurali. Privilegio degli umili! Di contro, i metalmeccanici, la cui spocchia da avanguardia è nota ai più, non meritano folgoranti visioni celesti. V’è da dire, inoltre, che la Signora per antonomasia non può certo buttarla in caciara come una Barbara D'Urso qualsiasi, che disvela le sue televisive sembianze a cani, porci e babbuini. In un tripudio interclassista che manco la Democrazia Cristiana della buonanima di Mariano Rumor. Lei, Barbarella, è l'ipnotico ribadirsi della liturgia pomeridiana del caffè. Con buona pace dei tre estimatori delle "Falde del Kilimangiaro".
Ora, stante l'indisponibilità di Maria, che - quanto a beltà e a target contadino - rischierebbe di vedersela con il Santocchio dei coltivatori diretti dello Jonio, Gianluca Gallo, altrimenti detto Lisa dagli occhi blu, la Calabria rischia di vedere inevasa la sua legittima domanda di accedere democraticamente alla sfera dei miracolo con tanto di luminescente apparizione. La Sanità, nel frattempo, è con le pezze al culo e non s'intravedono soluzioni provvidenziali. Urge, a questo punto, la mano salvifica del Commissario, quale potentissima allucinazione condivisa in grado di sedare le attese più febbrili. E se il Messia inviato da Chigi non dovesse, a sua volta, combinare una beneamata mazza? Chi se ne frega! L'importante è che il popolo permanga nello stato di delirio mistico. Da Roma sin qui, dopo il tramonto di Cotticelli, Zucca, Gaudio e Mostarda, si è traccheggiato oltre ogni umana misura. Cosicché, persino il Godot di Beckett (che non arriva mai) possa vantare la puntualità inesorabile del canone Rai nella bolletta bimestrale dell'Enel.
L'avvento del Commissario, in verità, è stato inibito dalle liti condominiali tra Pd e Cinquestelle, azionisti della compagine di governo. Ne è prova inconfutabile il casino scaturito dalla designazione recente di Mostarda, troppo zingarettiano e per nulla grillato. Fonti accreditate riferiscono di un'irruzione di Di Battista in pieno Consiglio dei Ministri al grido di: «Cazzarola, questo Mosta è più figo di me!». Dicono che siano volati stracci e Mocio Vileda turbo, al cui confronto gli insulti tra Tina Cipollari e Kikò Nalli rivestono l'eleganza del carteggio tra Kafka e Milena Jesenskà.
Pare che Giuseppi, per placare gli animi, sia stato costretto a tastare la disponibilità del bassista dei Collage, creatura a multipezza di lana, mistolino e cartongesso, da tempo a casa con l'assegno dell'Inps. Non di particolari simpatie giolittiane, ma, semmai, piuttosto multiforme. Pro e contro, insomma. Senza macchia di partito. L'ideale! Se non fosse che con "due ragazzi nel sole", proprio lì dentro la palla di fuoco, sei bruciato prima ancora di aderire. Poi è stata la volta di Renato e i Profeti, i quali, essendo pensionati, sono lì a non fare un cazzo. In ogni caso, il tastierista, automunito e militesente, ha destato l'ira di Di Maio, per titoli di studio troppo esagerati.
In zona Cesarini, si è pensato alla moglie calabra di Briatore, emigrata da tempo (ha studiato nello Stato Pontificio di Rende) e senza apparenti conflitti di interessi sul territorio, ma risulta reclusa a Cinecittà.
Niente da fare, infine, per Agostino Miozzo, la cui indole bertolasica risulta, di per sé, peccato originale.
A sbloccare finalmente la partita, arriva Lui. Lui chi? Forse Nico dei Gabbiani? Ad ogni buon conto, per ogni pezza che dovesse occorrere all'Uomo del destino, c'è sempre l'ineffabile FiBel-Castro, detto Antonio. Hasta la rovina siempre!