Mettiamola così: al suo esordio non è che godesse di buona reputazione. Lo si bollò, da più parti, come floscio, fiacco e sfigato. Qualcuno osò derubricarlo a banale influenza, svilendone, così, lo status clinico. Non gli fu accordata alcuna sovranità oggettiva: si prese a trattarlo come Opinione. E lui, che nutriva ambizioni da flagello, fu confinato al rango di raffreddorucolo o di altra modesta patologia.

A seconda delle scuole di pensiero di riferimento di virologi formato tessera e di epidemiologi, la cui osservazione, prima dello scorso febbraio, aveva indugiato sulle cause dell’acquosità di un mascara in uso presso le zanzare del Ohio. Il covid delle origini, insomma, degradò in "punto di vista". Una sorta di "esse est percipi” (essere è essere percepito) scippato a Berkeley e tradotto in empirismo de noantri. In epistème da ballatoio.

Cionondimeno, il Covid, che propriamente un fesso non è, avendo annusato la malaparata, in primavera inoltrata, si incazza di brutto e muove alla riscossa per salvare il suo onore: si proclama vivo e tiranno su qualsivoglia diatriba che vorrebbe relativizzarne l'essenza nei talk show allestiti per l'occasione dai soliti, svenevoli cerimonieri. Con la partecipazione straordinaria di altrettante comparse similmediche che, alla stregua di operatori in un piercing center o in un atelier reiki, intrattengono la malcapitata audience.

E così, il virus senza corpo sparge poderosi indizi e segni probanti a sostegno del suo consistere; lo fa attraverso la più potente delle persuasioni: la Strizza. Che non indice riunioni nè convoca, tantomeno, corpi intermedi. La paura se ne fotte delle scuole di pensiero. Ci fa cagare sotto a prescindere da ogni procedura assembleare. Si fa Verbo in luogo delle piccole scienze. Schiera le sue falangi armate, le sue guarnigioni affinché presidino insonnie e tremori. Perché divulghino lungo le nostre vite, ormai accerchiate da morte, smarrimento e sgomento, la più "illuministica" delle certezze: il sentimento primario e, paradossalmente, ragionevole dell'angoscia.

Sennonché, quando tutto sembra perduto, la Ricerca (quella vera e autorevole), che non si lascia irretire dall'ipnotico bagliore di un occhio di bue, cala l'Asso. Sì, l'asso: il Vaccino, che la provincia nostrana dei massaggiatori shiatsu travestiti da infettivologi si guarda bene dal dibattere. Il tempo delle ospitate, dei ceroni, della polemicuccia con annesso gettone di presenza, della polvere di stelle volge al tramonto. Non c'è più zuppa per gatti: è la Scienza, bellezza!