La proroga di 3 anni del commissariamento della sanità calabrese esaspera la politica e indigna i social. Tutti con lo scolapasta in testa a mulinare spade di improbabile orgoglio. Ma non serve frignare: occorre sottrarsi al destino di “elemosinanti”
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Che figata, ragazzi! Uno sballo che manco i Pink Floyd a Pompei, con annessa Madonna in maxischermo. Un trip che nemmeno l'avvistamento di Natuzza tra Paravati e Cuccaro Vetere. Una scarica d'adrenalina, in verità, seconda solo alla messa in scena della tanto attesa "ciulata" tra Elisabetta Gregoraci e quel provolone di Petrelli al Grande Fratello Vip.
Eppure, da uno come Roberto Speranza, altrimenti detto "all'ombra dei cipressi e dentro l'urne" o, se preferite, "non si può morire dentro e sorridersi così", una roba talmente forte non te la saresti mai aspettata! Per uno come lui, affetto dalla sindrome di LEU, sigla che sta per L'Elettore Unico, al punto che il Duo di Piadena deve sembrargli un'esondante moltitudine, la botta di vita è superbo ossimoro.
Del resto, se nasci da una relazione extraparlamentare tra Massimo D'Alema ed un canestrato di Moliterno, con il concorso esterno di un gamete della buonanima di Sergio Endrigo, sei sfigato di tuo. Non puoi confidare neanche nell'allegria eternamente procrastinata del Riderà di Little Tony.
Questa volta, però, il nostro diafano Ministro, unitamente a Peppe Conte ed agli amici di Chigi, ci sta facendo godere di brutto mentre cala il due di picche a (quasi) tutto il cucuzzaro politicante di Calabria, infliggendogli l'ennesimo, giusto castigo. Si tratta del Decreto Calabria, entrato in vigore diciotto mesi fa, la cui proroga reitera il commissariamento della Sanità regionale.
" Non c'è zuppa pe' gatti." Questo, in estrema sintesi, il diktat basilisco a danno di quei "pizzicagnoli" delle preferenze, che già si accingevano a rimontare bancarelle, baracche e banconi, dentro il selvaggio mercato di scambio elettorale che è, da sempre, la Sanità. Niente da fare. Un duro colpo per i soliti contrabbandieri del consenso alle nostre latitudini. D'altra parte, non si tratta di un inedito storico. Tradizionalmente, il comparto sanitario, che prosciuga più del settanta per cento del bilancio regionale, ha rappresentato la prateria ideale, lungo la quale si sono andate via via dispiegando le fauci di predatori e maneggioni bulimici della peggiore risma.
Certo, è pur vero che i Commissari e i Generali-dietro la collina, inviati da Roma, hanno cannato in materia di risanamento dei conti. E, tuttavia, "la notte crucca e assassina" del Covid non la si può attraversare arrendendosi a bottegai del voto, che ti fanno primario, barelliere, viceportantino di corpo d'armata o siringaro semplice, nonostante tu sia un avveduto elettrauto. Per non parlare degli anestesisti, i quali, il più delle volte e nella migliore delle ipotesi, sono stati tradizionalmente selezionati dal fiuto ipnotico di Giucas Casella.
La confisca dell'intero ceto politico dirigente calabro, stante qualche pregevole eccezione, è, dunque, cosa buona e giusta. Occorre, inoltre, la "messa fuorilegge" di Palazzo Campanella e della Cittadella! Altro che lesione del diritto di autodeterminazione della comunità calabra! Qui il virus impazza e scarseggiano pure i comodini di reparto. Figuriamoci i posti letto dell'intensiva.
Parliamoci chiaro: ci sarebbe da confiscare anche gran parte dell'elettorato nostrano. Per evidentissima collusione con le immonde gesta dei suoi rappresentanti istituzionali. Mi riferisco a quanti, oggi, si incazzano sui social e issano malmessi scolapasta di indignazione, indicando al pubblico ludibrio le macchiette "local" per le quali, puntualmente, votano. Dentro un perverso gioco di bondage sadomaso, per la cui esecuzione è richiesto, a tue spese, l'acquisto della corda. Non serve frignare: occorre sottrarsi al destino di "elemosinanti".
Soprattutto per il fatto che non risulta più in essere l'arte scientifica, molecolare e chirurgica di far clientela, stile Prima Repubblica, quando le nomenklature meridionali fungevano da cinghia di trasmissione tra la Spesa pubblica e la destinazione di risorse al sud. Questo è il tempo del "favorucolo", della 'mmasciata piccola e piccola. Spesso, per giunta, disattese. Cosicché, se tu, elettore della Locride o del Savuto, chiami un capobastone perché ti faccia estirpare in fretta all'ospedale la tua atavica unghia incarnita, lui non ti si fila di pezza. E a te, che ritenevi di essere rappresentato nel Palazzo, non resta che mugugnare: "Che mi hai portato a fare sopra Posillipo se non mi vuoi più bene?". Una figura di merda che nemmeno Paolo Brosio al Grande Fratello Vip.