Lei nasce da una relazione extraparlamentare tra Rita Pavone, er Pecora e donna Assunta. Nel 2014 diventa capo di Fratelli d’Italia, una roba strana che nemmeno Winston Churchill riuscirà a decifrare. Sennonché, nel 2022, a Catanzaro...
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Inutile girarci intorno: la colpa primigenia è del Cavaliere. Fu lui, nel '94, a condurli fuori dalle "fogne". L'uomo di Arcore, del resto, non ha mai taciuto di aver dragato la palude nera. «Ho portato al governo i fascisti» - ama ribadire da anni in luoghi e laghi vari. Non a caso, al tempo della discesa in campo del federatore Berlusconi, i collegi uninominali del centro-nord spettarono alla Lega di Bossi, mentre a Fini toccò rappresentare al Sud l'ala destra del Polo delle Libertà. L'allegra compagine vince e governa. Tra alterne fortune.
Sennonché, nel 2010, alla luce del suono sinistro del «Che fai, mi cacci?» di Gianfranco, Silvio recita l'atto di dolore per aver sdoganato balilla, piccoli italiani e pronipoti della Lupa. Quando si dice "core 'ngrato". Giorgia, in ogni caso, è la prova urlante dell'imprudenza creativa del leader di Forza Italia. Lei, in realtà, nasce da una relazione extraparlamentare tra Italo Balbo, Rita Pavone, er Pecora e donna Assunta. Con il concorso esterno di Romolo, Remo e Lando Fiorini. Da quest'ultimo erediterà l'audience elettorale di barcaroli eversivi e "controcorente".
Sin da bambina mostra un temperamento cazzuto. Tosta e senza fronzoli, non si lascerà mai illanguidire dalle lagne della Pausini. Men che meno, dalle menate letterarie della Mazzantini. Resisterà con sprezzo del pericolo alle melliflue cazzate di genere, ai femminismi piagnoni. Poco più che adolescente, aderisce al Movimento Sociale Italiano (MSI), credendo che si tratti del partito di Giorgio Almirante. Spetterà a Francesco Storace rivelarle l'atroce verità: c'è Ignazio La Russa, nato- a sua volta- da una tresca tra due fez e tre moschetti. Ad ogni modo, Meloni cresce sana, fascia e sGarbatella.
Presiede Azione Giovani, Giovinezze e Primavere di Bellezza. Silvio la designerà Ministro nel suo quarto governo. La scelta non poteva essere più pertinente: finalmente una camicia "vera" contro le solite camicette vezzose e rosa dell'entourage berlusconiano. Nel 2014, la eleggono capo di Fratelli d'Italia, una roba curiosa, a metà strada tra la vocazione Salò-ttiera della Santanché e i fremiti di rivolta dei meccanici tornitori di Torpignattara, da sempre in guerra contro la spocchia delle avanguardie di Porto Marghera.
Ad ogni buon conto, oggi, i sondaggi ne statuiscono la pole position rispetto agli altri partiti. Pare che Giorgia debba il suo successo alla coerenza, che -da più parti- le viene riconosciuta. Al tratto identitario mai dismesso. Dopo di che, il tratto identitario vive nel back-ground. Dentro la tradizione cui si richiama una formazione politica. E l'acqua di ricino della svolta di Fiuggi non sembra, allo stato, aver drenato granché. Nonostante Fini. Il cuore pulsante di Fratelli d'Italia è forse liberale, cattolico, democristo, elegantemente conservatore? il suo ventre profondo è forse liberista, laico? Sicuramente no. Winston Churchill, nume tutelare del conservatorismo più illuminato, non si lascerebbe certo intruppare tra gli ispiratori di Fabio Rampelli. Il sospetto che il nucleo fondante del partito melonico graviti intorno alla triade Dio, Patria, Famiglia non può dirsi fugato. Peccato che Dio, irridicubile per definizione a qualsiasi claustrale dimora, esPatri puntulamente dalla Famiglia tricolore, ogni volta che si tenti di accasarlo. Quanto alla strombazzatissima coerenza, è il caso di evocare Oscar Wilde: «In genere è tipica degli intelletti poco creativi e privi di immaginazione».
A tal riguardo, ci viene in soccorso la cronaca più recente. Giorgia ha recentemente dichiarato a Catanzaro che l'unico voto serio e di libertà, per le amministrative del capoluogo di regione, è quello destinato a Fdi. Tradotto: tutti gli altri fanno pastette e clientele a vantaggio di amici degli amici. «Ma davero, davero?»- direbbero gli imbianchini di Centocelle in romanesco romanesco. Meloni, avendo raccolto alle regionali poca roba(l'8,7%), sostiene, in buona sostanza, che il consenso di Forza Italia e Lega, alle nostre latitudini, non possa reputarsi scelta d'opinione? Se io fossi Occhiuto, più che per i gadget, mi incazzerei di brutto a causa dell'offesa recata agli azzurri dalla leader dei cameragni. A costo di incoraggiare il suono sinistro di quel «Che fai, mi cacci?» declinato, questa volta, dall'Orso Maggiore della Cittadella.