Forgiato nel ventre della Balena Bianca e cresciuto alla corte del Cavaliere, il suo dinamismo è uno shock per la lentezza del consigliere regionale medio di Calabria
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Il suo dinamismo deve aver prodotto, presso il sonnolento incedere delle stanche vite dei politicanti indigeni, lo stesso effetto delle micidiali onde dell’elettroshock su Malcom McDowell in Arancia meccanica di Kubrick. Una brutale sequenza di scosse in faccia alla lentezza atavica del consigliere regionale medio di Calabria. Del resto, uno che nasce da una relazione psichedelica tra Anthony Perkins, tre scudi crociati, il breviario di Buttiglione e la capatostaggine di Martinazzoli, con il concorso esterno dei Fratelli Bandiera, non può che farti ballare l'afro zumba.
Roberto Occhiuto viene al mondo dopo aver trascorso nove mesi nel grembo della Balena Bianca, tra Piazza del Gesù e via dei Bianchi Fiori. A dieci anni, memore di cotanta gestazione, si iscrive alla Dc, credendo che si tratti del partito di Moro e di De Gasperi. Toccherà a Franco Pichierri rivelargli l’atroce verità: "Vedi che c’è Pierferdy, uno strafigo della Madonna, che ha già sbaragliato la concorrenza di Daniele Interrante e di Raoul Bova per un ruolo da protagonista nel prossimo kolossal UDC (Ultimo dopo Cristo). A questo punto, Roberto si incazza e sfodera l'emendamento che non ti aspetti: "UDC, nel senso di Unico dopo Cristo, c’est moi! Anche perché, dopo aver federato Ten, Telestars e Retealfa, sarò in grado di federare, sotto la mia egida, Orsomarso, Tilde, Gelmini, Giorgetti, Crosetto, Fedriga, Tajani, Salvini, Ezra Pound e, se mi gira, pure i Beatles e i Rolling Stones, Romina Power e Padre Cionfoli, Eric Clapton e i Teppisti dei sogni. Kant e Marx. Altro che il misero duo Bossi e Fini, di cui si accontentò il Cavaliere."
Non a caso, di lì a poco, Roberto-Top Gun volerà nella direzione di Forza Italia, per trarre in salvo gli azzurri dalle zuccherose giaculatorie di Sandro Bondi. Berlusconi, avendone sospettato la cazzimma, comincia a dubitare della sua eternità, mai resistita, del resto, dallo sfigatissimo Angelino Alfano, suicida al grido di Vitti 'na crozza, dopo essersi guardato allo specchio. Ad ogni modo, Occhiuto non molla e con sprezzo del pericolo muove alla volta di Montecitorio e conquista, in men che non si dica, la postazione di Capogruppo blu elettrico.
Nel 2021 lo eleggono Capintesta della Calabria tutta, avendo, il Nostro, resuscitato la salma forzista, restituito la vista al cieco di Gerico e due arti da Mennea a Lazzaro. Non appena s'insedia rade al suolo dipartimenti, direttori e dirigenti del precedente tango di Germaneto. Nel frattempo detta le regole per burocrati e affini: sveglia alle cinque del mattino, settemila trazioni alla sbarra, diecimila addominali alti, bassi e laterali in meno di un quarto d'ora, marcia zavorrata con l'aggravante di anfibi e pantaloni lunghi da Mendicino a Botricello. E, come se non bastasse, circuiti aerobici e reiterati salti con la corda anche di notte. Insomma, roba da addestramento per Marines. Come quello inflitto dal terribile sergente Hartman agli sventurati militari di Full Metal Jacket. Non solo. Ottiene, in tempi non sospetti, la nomina di Commissario alla Sanità (che non è ancora quella alla Santità, ma ci manca poco).
Raccontano che Occhiuto, durante il suo incontro romano con il ministro Roberto Speranza, suo omonimo, avrebbe intimato al timido e pallido ragazzo di Lucania:" Robertì, t'hanno chiusu dint' a stu museo. Iesc, tuocc e femmene. Vaffa tu e mammina!" Troisi docet, del resto. Si narra addirittura di un dispaccio di Craxi alle agenzie di stampa: "Ma non è che questo democristo di Cosenza, con la sua frenesia da novello decisionista, mi declassa Sigonella? Non facciamo scherzi. Qua il cazzuto sono io e non mi si scassino i maroni dal vallone di Rovito".
Intanto, Occhiutissimo, senza colpo ferire, vara la giunta. Un capolavoro di perfidia politica: gli assessori prescelti conteranno al pari del due di coppe quando la briscola è a bastone. Diranno la loro, da bravi figuranti, come Jimmy il fenomeno al cospetto di Marlon Brando.
Mentre lungo i corridoi della Cittadella suona l'ininterrotto refrain: "Non mi stanco, io no che non mi stanco, non mi stanco, no che non mi stanco, no che non mi stanco! Tempo!”.