Lei nasce in primavera, nonostante il voto contrario di Sigmund Freud e l'astensione di Lacan, da una pulsione autoerotica di un Ego(Io) abnorme e saccente che se la tira assai. Il suo avvento su questa terra scatena l'ira funesta di Rettore che scriverà per l'occasione, su preciso mandato di Rita Levi- Montalcini, la celeberrima elegia "Dammi una Lametia che mi taglio le vene". Spetterà a Otello Profazio metterci una pezza peggio del buco con la lirica "Calavrisella".

Dal suo canto, Mino Reitano, piuttosto contrariato per la catanzaresità dell'evento, ribadisce il primato etnico e razziale della Gente di Fiumara. In ogni caso, c'è ben poco da eccepire: Amalia, ormai, dall'iperuranio è qui! Lo certifica, del resto, la regia di uno zio di Sergio Iapino, oltremodo carrambato in tempi non sospetti. La Bruni, sin da bambina, mette le cose in chiaro: "Madame Curie è esistita solo come gracile prologo al mio debutto tra gli umani. Se vogliamo dirla tutta, poi, quando quel minchione di Freud si inventò la supercazzola dell'invidia penis, lo fece solo per far dispetto, temendola, alla mia Divina, Femmina Sapienza".

Amalia cresce ombrosa e cazzuta. Capatosta e dal piglio deciso, scientemente antipatica, sta sui maroni all'universo mondo. La sua spocchia indurrà al suicidio il Padreterno che, in evidente crisi di autostima, prima di spararsi, detterà a Nietzsche il seguente dispaccio: "Dio è morto, le ragioni del mio insano gesto cercatele nel Centro calabro di Neurogenetica. Non voglio fare la figura dello sfigato". Ciò che ne consegue è noto ai più: Amalia se ne fotte e pretende di infilarsi nelle suppletive di San Biase per subentrare all'Altissimo. L'operazione fallisce e lei se la prende con il malcapitato Nisticò.

La Bruni non si arrende, persuasa del fatto che prima o poi riuscirà a farsi conoscere anche dalla sterminata platea di Cristiano Malgioglio e di Tina Cipollari, autentiche divinità postmoderne. I fatti le daranno ragione: una sorte benevolmente ironica farà sì che tocchi proprio al Nazareno (da intendersi come Largo del) investirla del ruolo messianico di Statista. Sicché Graziano e Bocciasempreferma, noti contrabbandieri di fritti misti, le faranno credere di essere Margaret Thatcher.

La Nostra, non contenta, pretende il transfert con Draghi, che quel mollaccione di Letta le accorderà. La politica, però, è cosa quanto mai impervia, soprattutto quando confondi la scissione di Livorno con una faccenda da glicoproteina e ti tocca chiedere lumi a Luigi Incarnato che, invece, è del ramo. Se poi ti sfugge che la svolta della Bolognina non c'entra una mazza con quella della "nicastrina", l'atterraggio traumatico contro il muso duro di Occhetto è ineludibile.

Tuttavia, il rischio vero è quello di cedere alle lusinghe di un trip da allucinogeno, attraverso il quale immagini di guidare la coalizione PD-5 stelle-Tansi e di essere tu la cartara. A questo punto si imporrebbe il ricorso ad un simpatico elettroshock da "bergamotto meccanico"! Sempre che l'alLettato Enrico, nel frattempo, non si lasci attraversare da una botta di vita preferendoti Elisabetta Gregoraci, senza  spiegarti la rava e la fava nei dintorni del falò di commiato a Temptation Island. Con buona pace degli "equilibri più avanzati" di Pietro Nenni e dell'eterogenesi dei fini di Maria De Filippi.