Che dono del cielo la pioggia! Lava via il caldo, l’estate, l’altrui smania e tutti quelli che ti chattano con foto profilo all’Arco Magno. Mi viene ansia solo a ripensarci mentre cerco riparo in quell’angolo di mondo pressoché incontaminato che è la città a fine agosto. Il luogo ideale per riprendere fiato prima che la giostra riparta, e contatti prima che ripartano quelli che ci piacciono.

Rivedere i vecchi amici è un toccasana, rimette insieme i pezzi del tuo mosaico sparpagliato dagli eventi. Rivederli dopo un cataclisma, poi, è fondamentale per ricordarci chi eravamo e cos’è rimasto di noi. Ben poco dopo due anni di black out, sebbene le novità non manchino: gente riprodotta, crisi mistiche, conversioni, terrapiattisti insospettabili e nuove ossessioni che bruciano in silenzio come la mia spazzola lisciante sempre accesa sulla toletta per placare crespo e ansie generate da giorni infiniti con me stessa.

Sono la peggiore coinquilina che il fato potesse destinarmi in una situazione a limite e per rendermi tollerabile a me medesima condizione imprescindibile è stata (e tuttora è) avere i capelli in ordine perfetto. Lisci come gli spaghetti della planetaria che ha scaldato le notti fredde di chi lo scorso inverno per sopravvivere all’isolamento si è sedato con impastatrice e carboidrati invece di dormire cullato daldolce canto del phon. Se Dyson meglio, preciserebbe il mio rapper di fiducia che in lockdown ha messo da parte ghetto e rime per abbandonarsi ai piaceri del sex toy più performante della pandemia che aspira polveri, batteri e frustrazioni ed in un clic ti fa felice come Kanye West che rivede KimKardashian all’altare.

Quante nuove manie ci ha regalato il confinamento? E quante dipendenze c’è toccato inventarci per dimenticare quelle a cui c’era negato accesso?

Me lo chiedo mentre sono tentata da un ennesimo shampoo che lavi vie le ansie da appuntamento al buio con settembre, lo sconosciuto che attendevo da giugno e che adesso mi terrorizza come un caffè in pieno giorno con un tizio in mocassini che mi parla di segni zodiacali. Sono sagittario io, nata a dicembre e di notte: il mio habitat sono buio e intemperie. Estate, sole e balli di gruppo non fanno per me e tanto meno i depilati in costumino bianco che sbucano su messenger per ricordarmi che siamo in piena calamità naturale. Ci vorrebbe un aspirapolvere potentissimo che risucchi loro e gli altri detriti d’agosto e dell’asteroide che s’è schiantato sui nostri cervelli.

Per rimetterne insieme i pezzi stavolta non basterà la pistola a caldo, ci vorrà la saldatrice monofase in offerta su Amazon Prime. Che sogno! Confesso che ci dormirei avvinghiata come ad un amante che vuole scappare. Mi ci salderei come al bancone d’un bar a fine serata. È la mia perversione segreta, l’unica con cui forse tradirei persino la piastra al vapore il cui ruolo nello speciale “io e le mie ossessioni” meriterebbe una puntata a sé.

In fondo fedele non lo sono stata mai, perché diventarlo proprio ora che il mondo sta finendo e i badboyz analizzano acari e parassiti invece di baciarti?

Del resto dopo anni di isolamento e autofagia di ciò che eravamo giusto la polvere è rimasta. Perciò basta paura, spalanchiamo le porte all’autunno perché, qualunque cosa accada, c’è sempre il BlackFriday con una scopa elettrica talmente intelligente che già s’è messa in tiro per noi.