Grazie all'intraprendenza di Agostino Pizzo è nata nella Piana di Sibari Casagrumi: «Colleghi e amici pensavano che stessi facendo una pazzia ma in cuor mio sapevo che non lo era»
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Il giovane Agostino Pizzo circa 8 anni fa decide di tornare in Calabria, e di dare vita a Casagrumi, un’azienda agricola specializzata in produzione e vendita di agrumi. Siamo nella la Piana di Sibari, una zona riconosciuta a livello nazionale ed internazionale per la produzione de straordinarie clementine. Agostino Pizzo evidenzia con molta convinzione come «tutti conoscano le particolari condizioni climatiche ma soprattutto la conformazione del terreno. Il suo scheletro e il suo ph creano un microclima ideale e qualità organolettiche che rendono questo cultivar apprezzato in tutta Europa. Il clementino rimane il nostro prodotto di punta ma non è il solo, coltiviamo in misura minore anche arance e limoni».
Il succo di clementine
Però, ad un certo punto viene in mente ad Agostino di osare di più, di creare qualcosa di diverso, in modo tale da conquistare quella fetta di mercato più esigente: «L’idea del succo di clementine nasce dall’esigenza di ottimizzare le risorse. È il principio cardine del buon agricoltore, ovvero di sfruttare al massimo tutte le possibilità che Madre natura ci dona. Quando iniziai a lavorare in azienda proposi a mio padre di destinare una parte del raccolto alla creazione di un mercato nostro senza l’intermediazione della grande distribuzione organizzata. Il problema principale era rappresentato dai piccoli calibri che non trovano spazio nel mercato fresco».
E da qui nasce il succo di clementine. «Pensai a un succo cercando di riprodurre al massimo le caratteristiche del frutto fresco. La sfida più grande era far sì che nella spremitura le bucce ricche di oli, non contaminassero il succo e per questo decisi di adottare una spremitura classica e di non aggiungere nessun tipo conservante o aggiunta di zuccheri o di allungarlo con acqua. In sostanza un succo che fosse al 100% naturale».
Il prodotto simbolo del territorio della Piana di Sibari
In Calabria è certamente un vanto poter coltivare clementine, per quello che hanno sempre rappresentato. E sono tante le aziende che si distinguono per questo. «Sì, il clementino nella Piana di Sibari è certamente un’icona che racchiude in sé la storia, la cultura e la tradizione. Per me è un onore continuare il lavoro che fu prima del nonno, poi di mio padre e ora mio. E speriamo di essere bravi almeno quanto loro».
A questo punto Agostino guarda avanti. Pensa al futuro: «L’obbiettivo della nostra azienda è divenire un modello di riferimento circolare di azienda agricola, in particolare per tutte quelle aziende che come la nostra hanno difficoltà nei mercati tradizionali a competere contro multinazionali e contro la gdo».
Ovviamente i problemi sono tanti. In Calabria sono particolarmente complessi.
«Oggi per le politiche agricole nazionali e comunitarie sbagliate, che rivolgono la loro attenzione più alle grosse aziende che alle piccole realtà, rischiamo di perdere un patrimonio della nostra regione che per tantissimo tempo è stato volano per l’economia di tutta la piana di Sibari. La mission invece è di avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani e giovanissimi, cercando di far loro scoprire le magie della natura e dell‘agricoltura e togliendo ogni definizione negativa».
I giovani e l’agricoltura: rapporto non facile. «Credo di aver avuto un percorso al contrario. Infatti da giovane facevo tutt'altra cosa. Poi terminati gli studi in Scienze Politiche fuori regione, ebbi la fortuna di fare esperienza in organizzazioni internazionali che si occupavano di agricoltura nel Terzo mondo, come Fai, Ifad a Roma, e di fare pratica come stagista presso l’ambasciata del Guatemala. Proprio per questioni inerenti a micro progetti in quell’aerea, in quel periodo andavo spesso all’estero per migliorare il mio inglese e il mio spagnolo. Ma nel 2009 rimasi affascinato da Londra e di ciò che il mercato inglese offriva. Anche se l’intenzione era di rimanere al massimo per tre mesi, alla fine ci rimasi quasi per 7anni».
Il ritorno in Calabria
Poi la decisione di rientrare in Calabria con l’idea di prendere in mano l’azienda che fu del nonno e del papà. «Quando nel 2015 decisi di ritornare in Italia i miei amici la mia ex e i colleghi di lavoro rimasero sbigottiti, pensavano che stessi facendo un pazzia. Ed effettivamente se analizzata in maniera razionale lo era veramente. Ma nel profondo del cuor mio non lo era. Non lo è stata».
E così ora sono in cantiere nuovi progetti. «Ora stiamo concentrando le forze per allestire un laboratorio. L’idea è di aggiungere la strumentazione necessaria per l’estrazione degli olii essenziali e provare con gli scarti le tecniche di fermentazione anaerobica. Successivamente cercheremo di aumentare la nostra visibilità sui canali interattivi».
Le nuove sfide
Ma oggi un imprenditore agricolo sa che deve lottare contro i rischi dei mutamenti climatici. «Quello dei cambiamenti climatici è un discorso molto complesso. A parer mio i mutamenti climatici sono una costante della natura, dello spazio e del tempo. Si pensi al periodo caldo romano o anche nel Medio Evo dove ci sono testimonianze che parlano di mutamenti climatici importanti. È ovvio che i mutamenti climatici rappresentano la vera sfida che può essere combattuta solo con consapevolezza da parte dell’intera comunità».