Su Netflix è appena sbarcato "Painkiller" che riprende il filone del farmaco assassino OxyContin già raccontato in "Dopesick". Su Apple+ l'incubo del Memorial, il grande ospedale di New Orleans abbandonato da tutti in piena emergenza dopo l'uragano Katrina. Incubi sanitari che lasciano senza fiato
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Il bello dell’America è che racconta anche il brutto di sé stessa con lo stesso piacere, la stessa cura e coinvolgimento. Se possiamo innamorarci delle road che spaccano il deserto ventoso, degli scorci texani, della polvere dorata che si posa sui mulini del Sud, dei motel di strada e della loro varia umanità, delle luci di Manhattan e del glamour di Los Angeles, allo stesso tempo, con la stessa calamita, si resta agganciati al lato nero di un Paese troppo grande, troppo affollato, troppo diverso. Che spaventa a morte. In tv, romanzi e serie, quando dietro c'è un autore con una buona mano, le storie che fuoriescono dall'occhio scuro del Paese delle opportunità, restano incollate addosso come un senso di disagio permanente.
La vergogna del Memorial
Su Apple+ è disponibile "Cinque giorni al Memorial", una miniserie che racconta i giorni successivi al passaggio dell'uragano Katrina su New Orleans. Pazienti e dottori dell'ospedale più grande della città, furono completamente abbandonati al loro destino. La pioggia era finita, il sole scaldava le rovine, la gente chiedeva aiuto, ma nessun soccorso è riuscito a essere incisivo. All'interno del Memorial le scorte di viveri erano ridotte, le apparecchiature attaccate a generatori d'emergenza e mentre Bush jr sorvolava seraficamente la città inondata, e in migliaia e migliaia erano senza servizi igienici e assistenza medica, il grande colosso statunitense si piegava sotto il peso dell'incompetenza e dell'immobilismo. Si stenta a credere che un Paese che mostra i muscoli così facilmente, che ha eserciti agguerriti, Marines pronti all'uso, attrezzature all'avanguardia, non sia riuscito a mandare degli elicotteri per salvare quella gente. Eppure è successo.
Il girone infernale dei farmaci killer
Su Netflix è uscito da pochissimo Painkiller (regia Peter Berg), che dopo Dopesick (bellissima miniserie sullo stesso tema, ma disponibile su Disney+), mette sulla graticola il sistema farmaceutico statunitense. Entrambe le opere sono tratte da report giornalistici. Dopesick (con uno straordinario Michael Keaton) è ispirata al libro bestseller di Beth Macy “Dopesick: Dealers, Doctors and the Drug Company that Addicted America”, Painkiller si basa su “Pain Killer: L’impero dell’inganno e la grande epidemia americana di oppiacei” di Barry Meier e sull’articolo “The Family That Built an Empire of Pain” (New Yorker) di Patrick Radden Keefe.
La recensione | “Dopesick”, la storia (vera) di come un oppiaceo avvelenò l’America
Il tema è molto sentito negli States, lì livello di dipendenza dall’ossicodone è altissimo e i morti sono stati finora milioni (e il numero è in crescita). La serie Netflix, molto ben fatta, attira l'attenzione sul giro di marketing, supportato da una rete di venditori e venditrici agguerriti, che ha permesso (follemente) che un oppiceo, simile nella composizione chimica all'eroina, non solo avesse il lasciapassare della Food and Drug Administration (grazie a promesse e posti di lavoro milionari offerti ai burocrati che dovevano mettere un timbro d'assenso), ma di essere prescritto (e volentieri) dai medici di famiglia ai pazienti come fosse un'aspirina, di fatto portando alla dipendenza milioni di persone inconsapevoli.
Come la società farmaceutica Purdue sia riuscita a convincere esperti e scienziati che l’Oxycontin fosse un farmaco contro il dolore privo di effetti collaterali, è ancora un mistero. Certo è che con la salute si fanno i soldi veri, soldi a palate. E c’è sempre qualcuno che soffre e darebbe chissà cosa per stare meglio. Ed ecco la panacea di tutti mali: una droga legale, un oppiaceo che promette il sollievo ma poi ti strappa tutto quello che hai in pochissimo tempo. Mentre ancora si gettano fiumi d'inchiostro sulla legalizzazione della cannabis, in farmacia l'Oxycontin è ancora lì, nell'armadietto. Questa storia non è solo quella di una tragedia collettiva, ma di uno sterminio di massa che non si ferma, in cui gli assassini non finiscono mai in galera ma indossano un doppio petto elegante su un cuore di tenebra.