Oggi 3 giugno sono esattamente cento giorni dall’inizio della guerra. Una conta della quale non si vede la fine. Dall’inizio del conflitto russo/ucraino o di quella che Putin chiama “operazione speciale” abbiamo avuto evoluzioni e battute di arresto che vedono un evolversi costante sul terreno. Dai miei primi approcci con alcuni analisti locali, avevo intuito, che nonostante il desiderio di mantenere i territori del Donbass, era come se avessero il sentore che ciò che sta accadendo, si sarebbe concretizzato.

T. continuava a ripetere: «Lotteremo fino all’ultimo uomo, ma non sarà semplice», ed ecco che ad oggi, il piano speciale sul “Programma Minimo” per dichiarare vittoria, vede l’esercito russo concentrato sulle regioni di Luhansk e Donetsk i propri sforzi. Le truppe russe starebbero avanzando rapidamente e ad oggi controllerebbero circa l’80% di Severedonesk. Ma la resistenza ucraina sta combattendo strenuamente e davvero fino all’ultimo uomo.

Dopo un’iniziale battuta d’arresto dovuta alla delusa aspettativa di vincere con una “battaglia lampo”, la Federazione Russa ha dovuto rimodulare i piani strategici, concentrandosi su porzioni più precise di territorio. Così, abbandonando per il momento l’idea di Kyiv, ha deciso di concentrarsi sulla conquista del Donbass.

La battaglia si è spinta oltre i piani previsti e nonostante Putin continui ad affermare che è tutto in linea, anche i suoi alleati, come il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko, affermano che le ostilità si sono trascinate oltre le aspettative.

La Russia ha comunque preso dei punti strategici nel sud e nell’est del Paese. Oltre alla già persa Mariupol, è riuscita ad occupare le regioni di Kherson e Zaporozhye. Difatti già a metà primavera, i ministri della Difesa e degli Esteri russi Sergey Shoigu e Sergey Lavrovche avevano dichiarato che il compito della seconda fase dell’“operazione speciale” sarebbe stato quello di vincere la battaglia per il Donbass. Ma anche qui l’obiettivo, fino ad oggi, è stato mancato, perché secondo le previsioni russe il Donbass avrebbe dovuto essere preso per l’inizio di giugno, slittando così a fine estate l’iniziale programma di conquista.

Nonostante però, il tempo si sia dilatato, gli obiettivi sembra si stiano raggiungendo, anche se con discreta difficoltà, dettata da una forte controffensiva ucraina, che continua a stupire per la grande capacità di resilienza e determinazione.

Secondo lo specialista Michele Samus, intervistato da Meduza le forze armate ucraine erano pienamente consapevoli del fatto che la Russia si stava preparando per un attacco su vasta scala. Lo scenario dell'offensiva russa non era un segreto. Il tutto facendo riferimento alla fase informativa, quella degli attacchi informatici, alle azioni delle forze speciali, agli attacchi missilistici e aerei, agli sbarchi e, in seguito, all'azione delle forze di terra.

«La Russia ha raccolto tutte le sue forze abbastanza apertamente, quindi l'Ucraina si stava preparando ad un tale sviluppo degli eventi. Ma (molti) credevano che da un punto di vista politico-militare, geopolitico ed economico, Putin non sarebbe stato così folle e dissennato da attaccare l'Ucraina».

Difatti secondo lo studioso, a metà del 2016, la Russia avrebbe completato la formazione di tre nuovi comparti dell’esercito: il primo formato da carri armati e con il quartier generale vicino a Mosca, il secondo con la 20a armata vicino a Voronezh, l'8a armata a Novocherkassk. L'Ottava Armata subito dopo la sua creazione era stata impegnata immediatamente nel supporto del primo e secondo Corpo d'Armata nelle zone del Donbass conquistate precedentemente dai russi e attualmente stanziate e operative nel Donetsk.

Sulla base di questi movimenti, neanche troppo velati, in Ucraina sono state prese varie misure per preparare le forze armate e l'intera nazione a una possibile guerra su larga scala. Si evince che già nel 2021 era stata elaborata una legge «sulle basi della resistenza nazionale», che ha permesso la formazione di un sistema di difesa e che consta di tutte le possibili componenti utili a protezione del Paese come il rafforzamento e la preparazione delle forze armate ucraine, una strutturazione maggiore delle forze dell'ordine, le formazioni volontarie di difesa del territorio, e la previsione di creare e/o organizzare un movimento di resistenza nei territori occupati dal nemico.

Luhansk e l’avanzata russa

Ad oggi circa l’80% del territorio di Severedonetsk è controllato dai russi. Lo stesso capo dell'amministrazione regionale di Luhansk, Sergey Gaidai/Serhiy Hayday, afferma che i bombardamenti nell'area dell'agglomerato urbano di Lysichansk, Severodonetsk e Rubizhne sono così intense che è semplicemente impossibile contare il numero delle vittime. «Qui la Russia sta conducendo una guerra, non solo per la conquista, ma per il completo annientamento della popolazione ucraina» - parliamo dunque di una guerra non solo di logoramento, ma di completo annientamento - «E almeno qui, in questo posto del fronte, sta vincendo lei».

«Noi lanciamo un colpo, loro rispondono con 10. Letteralmente un proiettile per ogni minuto della giornata. Lysichansk è stata praticamente spopolata. Solo occasionalmente si possono incontrare persone per strada, ma per lo più la città è vuota. Il fuoco dell'artiglieria è una minaccia reale e costante. Il vento estivo è saturo di polvere fine degli edifici distrutti, che scricchiola sui denti». Impressionanti le dichiarazioni di Serhiy Hayday che continua - «Se Severodonetsk e Lysichansk cadono, l'intera regione di Lugansk sarà occupata». Ha detta di Hayday tutte le infrastrutture chiave di Severodonetsk sono state distrutte. La distruzione di Rubizhne, la terza città dell'agglomerato, che comprende anche Severodonetsk e Lysichansk, dimostra chiaramente di cosa è capace la spietata artiglieria russa. «Da Lysichansk è chiaro che una macchia scura è apparsa su uno sfondo verde smeraldo: una piccola città è stata semplicemente cancellata dalla faccia della terra».

La caduta di Rubizhne dimostra una svolta importante nella strategia delle truppe di Putin. Non ci sono più lunghe colonne di veicoli corazzati, nessun attacco di carri armati e fanteria dei primi mesi di guerra. Ora l'artiglieria è impegnata nella soppressione della resistenza ucraina. Su Rubizhne, molto prima del coinvolgimento delle truppe di terra, cadevano circa un migliaio e mezzo di proiettili al giorno.

I comandanti ucraini impiegati sul fronte, affermano che la travolgente potenza di fuoco russa, sostenuta in particolar modo dall'artiglieria, rischia di far perdere ulteriore terreno alla difesa e alla resistenza ucraina. Urge per tale motivo, a detta dei comandanti, l’arrivo degli armamenti occidentali più avanzati, senza i quali sarà molto difficile fermare l'avanzata nemica.

È necessario ricordare che il Donbass si estende lungo l'intero est dell'Ucraina, da Severodonetsk a nord fino alla costa del Mar d'Azov e vicino a Mariupol a sud. Quest'ultimo è stato recentemente catturato dalla Russia dopo lunghe battaglie e l'assedio dell’Azovstal, che è stata definita una delle conquiste più serie dell'esercito russo in questa guerra, senza tralasciare la presa di Papasnya, di cui va tanto fiera la Russia.

«I militari ucraini che combattono nel Donbass sono tutt'altro che nuovi arrivati e hanno una notevole esperienza. Molti di loro hanno combattuto i separatisti filo-russi che hanno cercato di separarsi dall'Ucraina dal 2014. Ma nell'attuale battaglia per la regione, non sono contrastati da una milizia armata, ma bensì da un esercito regolare, che ha grandi risorse di persone e attrezzature. Il numero di armi russe utilizzate nel Donbass è sbalorditivo anche per i combattenti esperti» dice Sergey Gaidai/Serhiy Hayday.

E anche se le premesse non sono semplici, Hayday sostiene che Severedonesk avrebbe tutte le possibilità di poter essere ancora liberata dal nemico. «I difensori ucraini stanno c onducendo con successo operazioni locali, eliminando il nemico da alcune strade».

Ma i problemi per i russi non mancano

Nonostante l’avanzata i problemi per l’armata di Putin non mancano. Le notizie giunte fino a ieri, hanno parlato di ulteriori progressi russi nell'Ucraina orientale. La leadership militare russa utilizzerà probabilmente la cattura di queste due città per affermare di aver “liberato” tutto l'Oblast' del Luhansk prima di ri/direzionarsi sull'Oblast' del Donetsk.

Ma secondo ISW, è improbabile che le truppe russe abbiano le forze necessarie per conquistare un territorio sostanziale nell'Oblast' del Donetsk, viste le perdite che stanno subendo nella conquista di Severodonesk.

La leadership militare russa starebbe affrontando un problema non indifferente, quello delle complicazioni incontrate da un impiego eccessivo di forze e legato al morale del personale mobilitato. Il 2 giugno il 113° reggimento della DNR, ha pubblicato un video andato sui canali Telegram russi, in cui gli uomini si sarebbero appellati al Presidente Vladimir Putin, lamentando di aver trascorso l'intera guerra in prima linea a Kherson senza cibo né medicine, accusando i comitati di mobilitazione di non aver condotto gli screening medici necessari, coinvolgendo nelle battaglie, anche personale ricoverato e le cui condizioni mediche avrebbero dovuto escluderlo dal servizio. Questo starebbe creando dei disordini interni e difficili da gestire.

Il portavoce dell'amministrazione militare di Odessa Maksym Marchenko ha dichiarato che dal 30 al 40% del personale russo che ruotava fuori dall'Ucraina si è rifiutato di tornare, costringendo i comandanti russi a rimandare in combattimento unità impreparate e immotivate. Ciò risulterebbe coerente con le lamentele avanzate dai militari DNR, secondo cui le pratiche di rotazione starebbero contribuendo a aumentare il malumore delle truppe e l’insoddisfazione all'interno delle unità che sono state mobilitate con la forza. L’ “operazione speciale” è tutt’altro che vicina al termine.

(foto pubblicate dal capo militare dell'Oblast di Luhansk Sergey Gaidai/Serhiy Hayday)