Il segretario regionale del Carroccio arriva a Palazzo Campanella per evitare nuove sbavature. Oggi si cancella la legge vergogna. «Inaccettabile, una coalizione che vuole un cambio di passo non può approvare un provvedimento del genere»
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«Un errore lo tolleriamo, il secondo no». È chiarissimo l’avvertimento che il segretario regionale della Lega Cristian Invernizzi ha recapitato ai suoi consiglieri regionali, rei di aver approvato la norma sui vitalizi che ha sollevato l’indignazione di tutta Italia. Invernizzi per evitare ulteriori sbavature si è presentato a palazzo Campanella nella giornata in cui l’Assemblea ha all’ordine del giorno l’abrogazione della legge che voleva concedere il vitalizio anche al consigliere che non ha completato la legislatura o ha visto la sua elezione annullata.
«Abbiamo fatto un errore basato sul fatto che non c’è stato il dovuto approfondimento – ha detto Invernizzi – e ci assumiamo la responsabilità in vigilando, ma fin da oggi vogliamo dare un segnale di cambio. Non è tollerabile che una coalizione che poco più di 5 mesi si è presentata alle elezioni parlando di cambio di passo approvi un provvedimento del genere».
Sulle ragioni che hanno portato all’errore Invernizzi non riesce a chiarire.
«Non è una diretta responsabilità della Lega quello che è accaduto, ma abbiamo la responsabilità di non aver controllato bene quello che è stato portato fuori sacco e all’ultimo minuto. Possiamo pensare ad un errore in buona fede, ma è chiaro che un errore viene tollerato, due no. Oggi chiediamo il ritiro di una norma che non sta in piedi dal punto di vista legale né politico e morale».
Il segretario addirittura rilancia e annuncia la presentazione di una proposta di legge targata Lega per «arrivare ad un sistema ancora più stringente che elimini il vitalizio e renda la Calabria uguale alle altre Regioni. La legge sarà illustrata nelle prossime ore dal capogruppo Tilde Minasi. E poi dovremo concentrarci su sviluppo, infrastrutture e turismo e non sul fatto che si sistemino due o tre consiglieri che magari non hanno neanche diritto a stare in Consiglio».