Al centrodestra calabrese, che in una certa ottica all’indomani delle Regionali e per altri aspetti forse persino oggi, le Amministrative tanto di Cosenza in una fase prodromica (elezioni il cui primo turno si è peraltro svolto in concomitanza con quelle per il rinnovo dell’assise di Palazzo Campanella) quanto di Catanzaro poi (la cui tornata elettorale è invece prevista solo la prossima tarda primavera) sembravano interessare poco.

Anzi, per la verità, non è mancato chi ha addirittura parlato di una sorta di patto non scritto per uno scambio di reciproche cortesie - per così definirle - fra schieramenti (sulla carta in guerra aperta, ma nella pratica a certi livelli quantomeno dialoganti, per non dire talvolta convergenti, in nome di interessi comuni). In riva al Crati, oltretutto, tale supposizione (o, meglio ancora, illazione relativa al più tacito degli accorduni) è stata effettivamente rispettata in pieno con la per certi versi sorprendente vittoria dello scorso 18 ottobre di Franz Caruso, che al ballottaggio ha battuto con circa il 57% dei voti il quasi omonimo Francesco Caruso pur partendo dalla base dello “scontro iniziale” in cui era al contrario in svantaggio per 38 a 24. Una grande remuntada, quindi. Roba che persino al Camp Nou di Barcellona, dove pure sono abituati a prodigiosi ribaltamenti del Barca, si sarebbero stropicciati gli occhi plaudendo alla super impresa dei loro beniamini in camiseta blaugrana.

Le sostanziali differenze tra Cosenza e Catanzaro

Ma se il feudo di Roberto Occhiuto (e del fratello Mario, sindaco uscente) è stato come premesso espugnato senza colpo ferire, assai diversa si annuncia la situazione nel capoluogo. Dove, soprattutto dopo l’esito delle consultazioni per la Cittadella di tre mesi e mezzo fa, Filippo Mancuso a parte, sono rimasti a... piedi vari big della coalizione.

Cosicché ora c’è gente inaspettatamente ritrovatasi all’ultima chiamata, prima di restare fuori dal giro che conta in modo definitivo. Potrebbe ad esempio essere il caso di Baldo Esposito (di cui abbiamo scritto ieri) al pari di altri esponenti dalle grandi ambizioni, ma per i quali il rischio è di finire in un cono d’ombra per circa quattro-cinque anni. Una prospettiva grama, in particolare per chi ha fatto della politica un lavoro fin da quando portava i calzoni corti.

Il centrodestra però, oltreché dalla voglia di tenersi a galla e anzi di non rinunciare alla gestione dei palazzi (Comune, ma anche in seconda battuta Provincia, in caso di successo a giugno venturo) del potere locale (malgrado non poche grane interne quali ad esempio i veti sulle candidature dei rinviati a giudizio o le voci di… sottofondo, tuttavia ormai “endemiche” a Catanzaro, su inchieste in corso inerenti a concorsi e appalti pubblici in grado di generare terremoti giudiziari), trae linfa dalla peculiare condizione dello schieramento rivale. Che, di conseguenza, in senso opposto rispetto a quanto successo nella città dei Bruti con Caruso, non si mostra affatto granitico. Anzi. E sì, perché il cosiddetto Nuovo Centrosinistra se da un lato può contare sulla candidatura di Nicola Fiorita, senz’altro autorevole, dall’altro si rende pure conto che il suo progetto non è certo a prova di bomba. Questo dal momento che, pur di fronte alla possibilità di comporre cinque o sei liste a sostegno del prof leader di Cambiavento, allo stato ne avrebbe almeno una metà parecchio debolucce.

Le paure in casa Pd e centrosinistra

Ma c’è di più: di fronte alla prospettiva della scelta di un Presidente della Repubblica di centrodestra o comunque con l’evenienza si vada alle Politiche assai prima della “scadenza naturale” di febbraio-marzo 2023, leggendo sondaggi che sebbene al momento diano il Pd leggermente in testa nella nell’indice di gradimento dei partiti danno pure (e conta molto di più) un centrosinistra da un minimo di sei, a un massimo di ben nove, punti sotto a Fdi, Lega, Fi e soci, la paura comincia a fare novanta. Ergo, anche alla luce del dimezzamento del numero dei parlamentari sancito dalla legge costituzionale per tanti risulterebbero assai arditi eventuali sogni di gloria nell’immediato futuro.

È il motivo per cui la “ridotta” di Palazzo De Nobili potrebbe rappresentare una sorta di approdo sicuro, ancorché piccolo, per chi sta a sinistra nel capoluogo, nutrendo determinate velleità, in cui non si escludono, appunto, scenari clamorosi come quelli di cui sarebbe al centro, in tutti i sensi del termine, il presidente degli Avvocati catanzaresi Antonello Talerico, corteggiato da tanti e ancora in contatto persino con una parte importante dello stesso centrodestra malgrado le arcinote “storie tese” con il capo dei berlusconiani di Calabria, Giuseppe Mangialavori.

Talerico in attesa di capire dove si collocherà

Talerico per il momento è al lavoro con voci relative a quattro-cinque liste a suo sostegno e il supporto anche di tre ex candidati alle Regionali. Ma, sentito telefonicamente, si è limitato a puntualizzare: «Sono impegnato nella formazione delle liste e non ho ancora sciolto le riserve sulla mia collocazione, tanto in ordine alla coalizione in cui schierarmi così come riguardo al ruolo da assumere». Frase lapidaria e generica, ma che a nostro avviso non basta a nascondere una candidatura a primo cittadino da considerarsi scontata e a seconda delle scelte operate anche “benedetta” da taluni maggiorenti politici nazionali fra i quali come detto in primis Carlo Calenda.