Dopo l'approdo in Forza Italia di componenti fortemente ostili all’ex presidente del Consiglio regionale, il passaggio nel partito di Meloni non è più fantapolitica
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Rumors? Parole in libertà? Forme di tatticismo esasperato o addirittura polpette avvelenate? Quando alle viste c’è un appuntamento elettorale, ancor di più se particolarmente delicato, come le future Regionali - che si svolgeranno in autunno a causa dei ripetuti rinvii imposti dall’imperversare del Covid, cioè a soli 21 mesi dall’entrata in carica della sfortunata Jole Santelli prematuramente scomparsa ad appena 9 dall’inizio del mandato popolare ricevuto - questo è lo scenario con cui ci si deve confrontare. Ma ciò non significa non dar conto di voci che sembrano corroborate da fatti abbastanza solidi.
Ci riferiamo, stavolta, all’indiscrezione (davvero grossa) che riguarda un big della politica locale come Mimmo Tallini (il cui raggio d’azione appare però assai più limitato rispetto al passato a seguito dell’operazione antimafia del novembre scorso nella quale è rimasto coinvolto malgrado l’annullamento della misura cautelare dei domiciliari, inizialmente disposti a suo carico e di ogni altra possibile, sancito in ultimo grado dalla Cassazione). Tallini, secondo i soliti ben informati, starebbe infatti pensando di lasciare Forza Italia per tornare, se non alla ‘casa madre’, di certo in un partito a lui affine per cultura e tradizione politica. Il riferimento è a Fratelli d’Italia (come noto, un po’ la meta prediletta dagli epigoni di Msi e An).
Ma perché l’ex presidente del consiglio regionale, dominus locale forzista, dovrebbe approdare sulla sponda meloniana con il ruolo di peso che sulla carta ancora vanta fra gli Azzurri calabresi e ancor di più catanzaresi? Soprattutto per l’arrivo in Fi della componente gentiliana-aielliana-espositiana. Una compagine che, intendiamoci, con Tallini non ha avuto rapporti idilliaci anche negli anni scorsi. Mai. Ma che prima aveva tutto l’interesse (reciproco, peraltro) a dialogare con lui in una logica spartitoria di incarichi e riconoscimenti alla fine gratificante per tutti. Perché chi più, chi meno, ricavava cospicui dividendi. Tanto che valeva la pena di sopportarsi un po’. Concetto valido sia a livello regionale che cittadino, per paradosso l’ambito di interesse prevalente su tutti. Un ‘terreno di caccia’ che ha alimentato un derby giocato all’ultimo voto e con grande voglia di prevalere.
Al di là di ogni considerazione, si spiegano dunque così le ragioni di una pax testimoniata pure dal reciproco aiuto che Tallini e Aiello si sono dati in occasione delle Politiche del 2018 in cui erano rispettivamente candidati al Senato e alla Camera. Un sostegno che non è però bastato per ottenere il risultato auspicato, rappresentando forse l’inizio della fine (sebbene una netta vittoria alle Regionali ‘20) per Tallini e una grave battuta d’arresto per Aiello. Quanto successo da metà 2019 in avanti ha tuttavia determinato una guerra fratricida, più che fra loro due, tra lo stesso Tallini e l’attuale presidente alla Commissione regionale alla Sanità Baldo Esposito (sodale e alleato di ferro della prima ora di Aiello oltre a essere un esponente di spicco della sua area).
Ma vi è anche un secondo motivo per credere alla notizia che Tallini stia effettivamente meditando il passaggio da Fi a Fdi. E risiede nella scelta in tal senso operata da Antonio Montuoro, di cui vi abbiamo detto ieri. Già, proprio lui, il vicepresidente della Provincia che avrebbe rotto con il suo (sembrerebbe ex) nume tutelare senza colpo ferire pur non avendo dato alcun segno di insofferenza tale da lasciar presagire una scelta di simile portata gravida di conseguenza mica da ridere. E invece niente. Non si è mossa foglia. Circostanza che appare sospetta a quanti conoscono l’ambiente in cui tutto è maturato.
C’è inoltre un terzo ‘sostanzioso’ indizio: la posizione di uno dei maggiori rappresentanti dell’entourage talliniano, l’assessore comunale alla Cultura Ivan Cardamone, il quale ha rimesso la ‘pesante’ delega al Patrimonio una settimana fa (guarda caso poi finita alla collega del fronte aielliano Alessandra Lobello) ma che soprattutto appare sempre più sul punto di disinteressarsi all’attività amministrativa a vantaggio di quella professionale. E parliamo dello stesso Cardamone, che fino a poco tempo fa veniva dato in lizza per la corsa alla successione di Sergio Abramo in aperto contrasto alla candidatura di Marco Polimeni.