VIDEO | Il candidato alla presidenza ha effettuato un sopralluogo nel Lametino lungo il corso d’acqua. Ad allarmare è la mancanza di un pezzo di argine. E c'è chi negli anni ha visto scomparire ettari di terreni
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Con i suoi 56 chilometri di corso e un bacino idrografico di 412 chilometri quadrati è tra i fiumi più grandi della Calabria. Ma il fiume Amato nel tratto lametino è anche una bomba ad orologeria che già nel passato esondando ha provocato danni importanti riversandosi sui terreni della zona e arrivando a lambire le case.
Il sopralluogo di Tansi
Oggi ad effettuare un sopralluogo è stato l'ex capo della Protezione civile Carlo Tansi, candidato alla Presidenza della Regione, allarmato da quanto ha trovato. In particolare nel tratto del fiume che costeggia Ginepri tempo fa le piogge abbondanti hanno gonfiato il corso d’acqua che ha divorato e distrutto parte di un argine. E, purtroppo, si tratta proprio del tratto sul quale si affaccia un impianto di sollevamento degli scarichi fognari con annessa cabina elettrica.
I rischi sono alti, ha avvertito Tansi. Un’alluvione, ipotesi non così remota, potrebbe non solo inondare i terreni vicini con importanti danni ma anche causare tragedie. Ma non solo. La presenza dell’impianto non è da sottovalutare perché se finisse nella furia delle acque potrebbe riversare nel corso d’acqua i reflui fognari portando ad un disastro ambientale.
La mancata manutenzione
«La rabbia è che per fare questo tipo di interventi i soldi ci sono ma la solita burocrazia ha bloccato per l’ennesima volta la messa in sicurezza». ha detto Tansi. Ma non basta tirare su l’argine dove manca, bisogna anche, avverte l'ex capo della Protezione Civile, lavorare sulla manutenzione e la pulizia del fiume, non limitandosi solo alla vegetazione ma anche eliminando detriti ed inerti.
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Vittima da anni delle continue esondazioni del fiume Amato è l’imprenditore agricolo Domenico Santacroce che nel tempo ha perso circa cinque ettari di terreno. La foce del fiume si è spostata fino a prendersi parte della la sua azienda. Comune e Regione non sarebbero mai intervenuti, nonostante le ripetute richieste di intervento e intanto in parte dei terreni non si può più coltivare.