Dall'inchiesta Farmabusiness che lo ha portato agli arresti, al giudizio sul ventennio di sindacatura dell'ex amico a Catanzaro
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Lo scorso 17 dicembre, a circa un mese dal suo arresto, l’ex Presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini è tornato in libertà. Il Tribunale del riesame ha accolto l’istanza promossa dai suoi avvocati Vincenzo Ioppoli e Valerio Zimatore, annullando l’ordinanza che gli imponeva i domiciliari e si attende il deposito delle motivazioni. L’inchiesta “Farmabusiness” coordinata da Nicola Gratteri, però, rimane in piedi e Tallini risulta ancora indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso.
Tallini, intanto, è stato reintegrato come consigliere regionale e accolto da un applauso dei colleghi stigmatizzato dal segretario regionale della Cgil Angelo Sposato «Invece di batterle quelle mani avrebbero dovuto alzarle in alto ed uscire dal Consiglio regionale. Vergogna!».
Alla vigilia dell’epifania, invece, è stato proprio l’ex vice coordinatore regionale di Forza Italia a voler dire la sua, con un lungo “sfogo” simile a un monologo offerto in dote a una testata locale. Una difesa pubblica i cui spunti sono più d’uno.
Fiducia nei magistrati
Dopo il clamoroso arresto di Tallini, in Forza Italia la parola d’ordine da esprimere in pubblico è stata “fiducia nella magistratura”. Nessun attacco a Gratteri, sarebbe stata una posizione “scomoda” da ipotizzare o sostenere dinanzi all’opinione pubblica. I “suoi” a Catanzaro hanno, fin da subito, puntato il dito su chi si è affrettato a prendere le distanze dal consigliere regionale di Forza Italia.
Un rammarico che traspare anche dalla memoria difensiva che gli avvocati di Tallini hanno depositato al Tribunale del Riesame, datata 14 dicembre, nella quale si giudica come inevitabile il fatto «che ci siano persone pronte a puntare l’indice accusatorio contro il politico, specie se in vista, ritenuto responsabile di tutti i mali e dei peggiori misfatti», accusando la stampa di fare un «circo mediatico che spesso si trasforma in un vero e proprio rodeo e in una gogna».
Tallini, quindi, si unisce al canovaccio forzista dicendosi fiducioso e rispettoso della magistratura, sia requirente che giudicante.
Scozzafava e Sisca
Sia Domenico Scozzafava, definito “l’uomo della pioggia” dagli inquirenti e indagato per associazione mafiosa, che Raffaele Sisca, anch’esso indagato nell’ambito dell’inchiesta Farmabusiness per vari reati, per Tallini sono persone assolutamente perbene.
Il consorzio “Farmaitalia” nasce, secondo il consigliere regionale, per il tramite di Domenico Scozzafava che avrebbe fatto da tramite con un commercialista figlio di un ex primario del Policlinico Gemelli di Roma, Raffaele Sisca, e dall’ex senatrice Anna Mancuso. Insomma, per Tallini si trattava e si tratta di una mera iniziativa imprenditoriale per fare un ingrosso per distribuire farmaci.
E se per la procura guidata da Nicola Gratteri e il Gip di Catanzaro Giulio De Gregorio, Scozzafava è un “’ngranghetista fino al midollo”, per Tallini, come scritto nella citata memoria difensiva, era semplicemente un antennista, il cui padre, Walter, era un vecchio e convinto talliniano. Pertanto, se dalle intercettazioni ambientali dell’inchiesta Tallini non sarebbe mai salito sull’auto di Scozzafava perchè piena di microspie, per la sua difesa le cose stanno diversamente: «Tallini all’epoca aveva una bellissima e confortevole automobile, oltre ad essere un provetto guidatore, perché mai avrebbe dovuto scegliere di farsi portare dallo Scozzafava?»
Nonostante Tallini dichiari pubblicamente che sia Raffaele Sisca che Domenico Scozzafava siano persone pulite e perbene, la sua difesa nella memoria depositata al Tribunale del Riesame su quest’ultimo dice: «Vero è che lo Scozzafava ha solo sfruttato la conoscenza del Tallini per vantarsi con alcuni personaggi della cosca al solo fine di accreditarsi e farsi ritenere persona utile ed essenziale nella realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale. Quando lo Scozzafava ha parlato del suo rapporto con Tallini aveva un solo modo per farsi considerare necessario e assumere un ruolo importante all’interno della cosca, quello di far capire, senza che ciò fosse vero, che egli avesse un rapporto privilegiato con Tallini il quale sarebbe stato a sua disposizione» e, aggiungono: «La millanteria, oltre ad essere un tratto essenziale della personalità dello Scozzafava, è anche il pass – partout, per lo scalpitante e ambizioso antennista, per entrare a far parte di taluni contesti e partecipare a famigerate “riunioni”. Tutto ciò, però, avviene all’insaputa del Tallini, cui si può solo rimproverare di non aver saputo immaginare chi frequentasse lo Scozzafava».
Il consorzio cerca laureati... e "assume" il figlio
Nella difesa pubblica di Tallini il Consorzio Farmaitalia non c’entrava nulla con suo figlio Giuseppe, poi indagato per truffa a seguito della denuncia di Francesco Eugenio Giovanni Lorenzo, titolare della ditta Fatto Detto, creditore nei confronti della Farmaeko, sulla quale era stata chiesta l’archiviazione e la successiva opposizione.
Nell’ordinanza del Gip di Catanzaro poi annullata dal Tribunale del Riesame, si legge che il guardiano del Consorzio Halan Mohon aveva svelato in circostanze fortuite datate 30 ottobre 2015 a Giuseppe Tallini di lavorare per Salvatore Grande Aracri, nipote di Nicolino «lasciando intendere di sapere dell’interesse di quest’ultimo al predetto affare economico» e, altresì, si specifica che «Giuseppe Tallini rappresentava una fonte di finanziamento importante per la società Farmaeko».
Nella sua difesa pubblica, invece, Tallini ha specificato come i promotori del Consorzio gli avessero chiesto se conosceva un laureato in economia che potesse aiutarlì perchè avevano bisogno di collaboratori ma che l’idea di collaborare col Consorzio è provenuta dal figlio Giuseppe Tallini, con il quale c’è sempre stato un rapporto un po’ burrascoso. Il consigliere regionale non nega di aver versato a favore del figlio delle somme, tracciabili, che poi il figlio ha perso per il 90%. L’iniezione di liquidità a favore del Consorzio, insomma, c’è stata, ma per sostenere un figlio, a suo dire, plagiato.
Abramo e l’ombra degli abusi d’ufficio
A seguito dell’arresto, il suo amico-nemico storico, il sindaco e presidente della Provincia di Catanzaro Sergio Abramo ha rimarcato la sua distanza da Tallini, dicendosi alieno a un certo «tipo di comportamenti». «Comportamenti – aveva aggiunto - che, per come ho amministrato in questi anni, mi hanno creato anche dei problemi a livello personale». L’uscita non andò giù alla figlia, Rita Tallini, che con una lettera aperta si chiese: «Come può affermare una cosa del genere quando tutti sanno che il confronto tra lui e mio padre è stato, sempre su sua iniziativa, praticamente quotidiano fino al giorno prima dell'arresto?».
È ora Tallini padre a rispondere direttamente attribuendo al ventennio di Abramo in Comune a Catanzaro «voto zero». Certo, sono state gettate ombre su ombre perchè Tallini ha detto chiaro e tondo che le nomine dei dirigenti non sono state fatte sempre in maniera conforme alla legge, con dirigenti nominati senza che ne avessero i requisiti o per ruoli per i quali non potevano essere nominati. L’accusa è di quelle pesanti, perchè qualora accertate tali circostanze sarebbero una sequela di abusi d’ufficio che metterebbero fine alla lieson leghista di Abramo con Matteo Salvini.
Una provocazione? Non per il consigliere comunale del capoluogo Nunzio Belcaro che promette battaglia in vista della prossima seduta dell'assise del capoluogo, commentando: «E’ surreale che dichiarazioni pesantissime come quelle rilasciate dall’Onorevole Tallini non abbiano immediate conseguenze politiche che pongano fine a questa triste esperienza amministrativa a Catanzaro»