Nel film "Aprile", Nanni Moretti racconta l'ascesa al potere di Berlusconi del 1994. In una scena divenuta proverbiale, l'attore e regista romano segue il confronto su "Porta a Porta" fra il Cavaliere e D'Alema. Berlusconi attacca sui giudici politicizzati e Moretti si contorce sulla poltrona, si getta le mani sul viso, poi sbotta: "D'Alema non farti mettere in mezzo con la giustizia... dì qualcosa di sinistra... dì qualcosa di civiltà... dì qualcosa... reagisci".

Le polemiche

Da allora di acqua ne è passata tanta sotto i ponti, ma il Pd ancora non riesce a dire qualcosa sulla giustizia. Eppure il Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, in occasione del blitz antimafia di Rende aveva sollecitato la politica ad esprimersi sulla riforma Cartabia, sul delicato rapporto fra il diritto all'informazione e la tutela delle libertà personali. Ci aveva provato a rilanciare il dibattito la deputata uscente Enza Bruno Bossio, in occasione della presentazione a Cosenza dei candidati dem al Parlamento. «Mi piace sottolineare quanto riportato da “Il Foglio”: Gratteri dapprima ha convocato una conferenza stampa per spiegare i dettagli dell’operazione, poi l’ha sconvocata a causa della legge di Enrico Costa di Azione sulla presunzione di innocenza. In seguito l’ha nuovamente convocata, attaccando la legge e dando contro al mondo politico. Io mi chiedo – continua – se Gratteri voglia seguire la legge o essere la legge. Perché, diciamolo, anche la mafia vuole essere la legge; mentre il Pd, che è contro le cosche, vuole difendere lo stato di diritto».

Anche Francesca Dorato, candidata del Pd al Senato, aveva provato a rilanciare il tema: «La magistratura dovrebbe essere un organo terzo. Noi non possiamo consentire ai giudici di creare precedenti che diventino legge, quando legge non sono». Il dibattito, almeno quello ufficiale, è finito qui, salvo le precisazioni mandate in serata dal segretario regionale Nicola Irto in cui si ribadiva massima fiducia all'operato del Procuratore di Gratteri.

Il silenzio del Pd

Prima e dopo, nemmeno una dichiarazione sui fatti di Rende se non la scontata dichiarazione di fiducia nella magistratura e qualche altra generica solidarietà. La questione, ovviamente, non è dividersi in pro e contro Gratteri. Il tema, molto sentito fra i cittadini, è quello del funzionamento della giustizia, delle garanzie costituzionali, dell'uso spettacolare o meno di alcune azioni giudiziarie. Quale occasione migliore della campagna elettorale per esprimere una posizione? Per marcare una distinzione rispetto alle altre forze politiche ed uscire dal dibattito uniformato dalle esigenze transnazionali? E invece niente. Il Pd, d'altronde, ha giocato a nascondino anche quando un suo uomo di punta, Mario Oliverio, è stato investito da una misura cautelare che l'ha costretto, da Presidente della Regione, all'obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore. Quella vicenda è finita con l'assoluzione perché il fatto non sussiste e la Procura non ha nemmeno presentato appello.

Oliverio: «Un grande partito detta la linea»

Cosa ha detto il Pd? Poco o nulla. Oggi che la sua vicenda giudiziaria è conclusa Oliverio, telefonicamente, ritorna sul punto: «Qui non si tratta di indebolire il contrasto alla criminalità organizzata, piuttosto di rafforzarlo - dice - penso che affastellare tutto e tutti in qualche mega operazione che poi col tempo si sgretola, finisca per depotenziare l'azione di contrasto. Mi sarei aspettato che una grande forza democratica come il Pd, soprattutto in campagna elettorale, accendesse un dibattito su come innalzare le garanzie a favore degli imputati e nello stesso tempo rafforzare l'azione dei giudici. Penso che ogni innocente ingiustamente coinvolto finisca per ledere un pizzico di credibilità, soprattutto se quell'innocente viene infilato nel tritacarne mediatico». Un ruolo che però il Pd pare non stia esercitando, almeno finora. «Il mio partito - continua Oliverio - su queste vicende esprime una posizione di subalternità e lo si è visto con il referendum. In quell'occasione non si è espresso per lungo tempo salvo poi virare sul "No" quasi in zona Cesarini. Tutto questo ha provocato disorientamento nella base e alla fine ha favorito l'astensione. Eppure il problema del rapporto fra magistratura e politica non è secondario in questo Paese e penso che oggi ci sia una subalternità della seconda alla prima. Serve lavorare per uscire da questo imbuto e arrivare ad una riforma della giustizia che consenta un riequilibrio fra i poteri dove la magistratura si impegna a far rispettare la legge e la politica a fare il legislatore, senza sovrapposizioni di ruoli».