Giorgia Meloni questa mattina ha preso parte al Congresso della Cgil. La premier, però, al momento del suo intervento è stata contestata da alcuni partecipanti che prima l'hanno fischiata e poi sono usciti dalla sala con il pungo alzato cantando Bella ciao.

«Ringrazio anche chi mi contesta. Non ho voluto rinunciare a questo appuntamento in segno di rispetto del sindacato. Mi sento fischiata da quando ho 16 anni. Potrei dire che sono Cavaliere al merito su questo».

Il confronto e le contestazioni

«Questo congresso è un esercizio di democrazia e partecipazione che non può lasciare indifferente chi ha responsabilità decisionali e chi come me sa quanto questi eventi tengano vive queste dinamiche», ha detto Meloni. «Non mi sottraggo a un contesto sapendo che è un contesto difficile. Non mi spaventa. La ragione per cui ho deciso di essere qui è più profonda. Oggi si celebra la nascita della nostra nazione», ha aggiunto.

«Con questa presenza, con questo confronto, questo dibattito, possiamo autenticamente celebrare l'unità nazionale», ha affermato Meloni. «La contrapposizione è positiva, ha un ruolo educativo, l'unità è un'altra cosa, è un interesse superiore, è il comune destino che dà un senso alla contrapposizione». «Il confronto è necessario e utile. Se questo è l'approccio ci sono ottime ragioni per confrontarci con la forza delle idee che ciascuno legittimamente rivendica».

«Ringrazio tutta la Cgil dell'invito anche chi mi contesta con slogan efficaci, ho visto 'pensati sgradita': non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica», ha detto la premier commentando una frase riportata su un vestito che la nota influencer ha indossato al festival di Sanremo.

Il fisco

«Lavoriamo per consegnare agli italiani una riforma complessiva che riscriva l'efficienza della struttura delle imposte, riduca il carico fiscale e contrasti l'evasione fiscale, che semplifichi gli adempimenti e crei un rapporto di fiducia fra Stato e contribuente», ha detto la premier parlando della riforma fiscale. «Vogliamo usare la leva fiscale come strumento di crescita economica, una riforma che guarda con molta attenzione al lavoro, con interventi sui redditi medio bassi e novità per i dipendenti».

«Noi veniamo da un mondo in cui ci si è detto che la povertà si poteva abolire per decreto. Che il lavoro si poteva creare per decreto. Se fosse così dovrebbe essere lo stato a creare ricchezza, non è così. La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori. Lo stato deve creare regole giuste e redistribuire. Mettere aziende e lavoratori nelle condizioni di creare ricchezza che si riverbererà su tutti».

La riforma fiscale varata ieri dal Consiglio dei ministri, ha sottolineato Meloni, «si concentra sui più fragili, sul ceto medio».

Le violenze

«Inaccettabile l'attacco di estrema destra alla Cgil. Credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece in questi mesi, purtroppo, mi pare che siano sempre più frequenti segnali di ritorno alla violenza politica, con l'inaccettabile attacco degli esponenti di estrema destra alla Cgil e le azioni dei movimenti anarchici che si rifanno alle Br», ha detto Meloni.

«Voglio ricordare Biagi, fra due giorni ricorre l'anniversario dell'assassinio da parte delle Br, un uomo che ha pagato con la vita. Il sindacato è sempre stato impegnato nella lotta al terrorismo, credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece, in questi mesi, purtroppo mi pare che siano sempre più frequenti i segnali di ritorno alla violenza politica», ha proseguito Meloni. «È necessario che tutte le forze politiche, sindacati e corpi intermedi combattano insieme contro questa deriva».

Il lavoro

«Per far crescere l'occupazione bisogna far ripartire l'economia, liberare le energie migliori dell'Italia. È la base della riforma fiscale che il Cdm ha approvato ieri con una legge delega, frettolosamente bocciata da alcuni», ha dichiarato Meloni nel suo intervento.

Meloni ha detto di aver letto la relazione di Landini al quale ha fatto i complimenti «per la sua tempra visto che ha parlato due ore senza mai prendere neanche un bicchiere d'acqua, confesso - ha dichiarato - che io non ne sarei mai stata capace. Dicono che la Cgil non sia una sindacato d'opposizione - osserva - figuriamoci se lo fosse visto che in due ore di relazione non ho trovato nulla di quello che ha fatto il governo. Partiamo da un dato e cioè che l'Italia fa registrate un tasso di disoccupazione del 58,2%, un gap che continua ad aumentare. La situazione peggiora se si considera quella femminile che registra 14 punti in meno. I salari sono bloccati da 30 anni - ha proseguito - dato scioccante perché l'Italia ha salari più bassi di prima del '90 quando non c'erano ancora i telefonini. In Germania e Francia sono saliti anche del 30%. Significa che le soluzioni individuate sinora non sono andate bene e che bisogna immaginare una strada nuova che è quella di puntare tutto sulla crescita economica».

No al salario minimo, ma si all'estensione della contrattazione collettiva. È questa la soluzione che ha indicato Meloni per affrontare anche la questione dei salari bassi. «Il reddito di cittadinanza ha fallito gli obiettivi per cui era nato perché a monte c'è un errore: mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi non poteva lavorare, mettendo insieme politiche sociali e politiche attive del lavoro».

«Non ci devono essere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Chi merita la delega sindacale e chi no. Uno dei grandi temi - ha proseguito - sui quali possiamo provare a lavorare insieme è un sistema di ammortizzatori sociali universale che tuteli allo stesso modo chi perde il lavoro, sia esso un lavoratore autonomo, dipendente, o cosiddetto atipico. Dare a tutti le migliori garanzie possibili ma che siano le stesse. Garantire gli stessi diritti. Non garantire una cittadella di garantiti».

«Stiamo affrontando la glaciazione demografica, per affrontare questo problema, penso che la sfida sia quella di un piano economico e culturale, imponente, per rilanciare la centralità della famiglia - ha affermato Meloni - l'obiettivo è partire dal sostegno al lavoro femminile, agli incentivi a chi assume donne e neo mamme, con strumenti di conciliazione casa-lavoro e una tassazione che torni a tenere conto alla composizione del nucleo familiare.

«Confido che nei prossimi anni possano anche aprirsi settori nuovi legati alle strategie anche industriali che stiamo creando. C'è stata una mancanza di visione in questo senso che ha frenato l'Italia e che ci ha legato troppo ad alcuni Paesi», ha detto la premier spiegando che «intendiamo invece trasformare l'Italia nell'hub di approvvigionamento energetico d'Europa, del Mediterraneo, con il piano Mattei che è un modello di collaborazione non predatoria e per aiutare i paesi africani a vivere bene». Il piano Mattei, assicura «è la risposta più umana contro l'immigrazione».

La riforma presidenzialista

«Se in passato non c'è stata una chiara scelta su politiche industriale è perché la politica ha avuto un orizzonte breve. Una politica industriale di lungo periodo non può essere accompagnata da governi che durano qualche mese. Non ci rendiamo conto di quanto abbiamo pagato in questi anni la nostra instabilità politica, in termini di affidabilità internazionale, in termini di concentrazione delle energie e delle risorse su grandi obiettivi strategici. Questa è la ragione per cui continuo a essere certa che una riforma in senso presidenzialista, o comunque un’elezione diretta del vertice dell'esecutivo, sia, per rispetto della volontà popolare ma anche per stabilità, una delle più potenti misure di sviluppo che possiamo immaginare per questa nazione», ha detto Meloni.

Landini: ascoltare per essere ascoltati

«Ringrazio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per aver accettato l'invito a partecipare al congresso, lo considero un elemento di rispetto per l'organizzazione importante che siamo. Vogliamo essere non spettatori ma protagonisti del cambiamento». Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, prima di lasciare il palco alla premier.

 «Voglio solo dire due cose, stiamo per vivere un momento molto importante di questo congresso. Abbiamo scelto di fare un congresso aperto e di voler parlare con tutti, imparando anche ad ascoltare. L'ascolto è importante per noi e anche per chi ha idee diverse da nostre. Chiedere di ascoltare è chiedere anche di essere ascoltati», ha evidenziato Landini.

Il presidio

Il gruppo di minoranza interna alla Cgil si era riunito in presidio davanti all'ingresso del Palacongressi di Rimini prima dell'arrivo della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Avevano esposto alcuni striscioni, tra cui «Meloni: non in nostro nome. Cutro: strage di Stato». Per terra tanti peluche, che aveva spiegato la portavoce Eliana Como, «porteremo in sala e metteremo nelle prime file davanti al palco. Quando parlerà Meloni, usciremo in silenzio, forse intonando Bella ciao».