Riprendono alle 11 le consultazioni di Mario Draghi. Il primo colloquio sarà con il gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico del Senato. Poi sarà la volta di LeU, in seguito Italia viva della Camera e Italia viva-Psi del Senato. A Montecitorio toccherà quindi a Fratelli d'Italia, al Pd, a Forza Italia, alla Lega, infine al Movimento 5 stelle.

La squadra di Governo

La squadra di governo che accompagnerà l'ex presidente della Bce in questo percorso è invece ancora un'incognita, per i partiti della sua potenziale maggioranza: la convinzione è che sarà tecnico-politica, senza i leader, con ministri scelti dal premier, ma nel dettaglio non si sa nulla e dai partiti continuano a trapelare auspici e paletti.

Ai piccoli gruppi incontrati nel secondo giro di consultazioni, Mario Draghi non lascia neanche un indizio. Ma l'impressione - racconta l'esperto Bruno Tabacci - è che possa prendere ancora qualche giorno per decidere: portare la lista al Quirinale tra giovedì sera e venerdì o anche, azzarda qualcuno, all'inizio della prossima settimana.

Cinque stelle, che ufficializzeranno la scelta con un sofferto voto su Rousseau, chiedono un governo politico e quindi loro ministri: Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, possibilmente confermati agli Esteri e allo Sviluppo economico, rappresenterebbero due delle grandi componenti del Movimento.

Altrettanto fa la Lega, dove si starebbero confrontando anche in chiave interna le due anime facenti capo a Matteo Salvini (con la richiesta del leader al governo) e Giancarlo Giorgetti.

Al Pd le aspirazioni degli ex ministri e delle correnti si scontrerebbero con la volontà di Draghi di scegliere i profili più adatti, di qui la spinta di alcuni per un 'disarmo' e l'indicazione di tecnici d'area. Il Nazareno fa sapere che ci si affida alle decisioni che il premier incaricato prenderà d'accordo con Mattarella, ma nei gruppi parlamentari si fanno i nomi di Dario Franceschini, Lorenzo Guerini e Andrea Orlando come possibili ministri politici. Matteo Renzi, da Italia viva, starebbe spingendo nella direzione di una discontinuità col precedente governo.

I leader di partito dovrebbero restare fuori, ma come tenere insieme gli auspici di M5s e Lega per Di Maio e Salvini, la possibilità che Speranza resti alla salute, con le difficoltà che la convivenza in Cdm comporterebbe? A complicare la situazione c'è che a ogni delega corrisponde un tema potenzialmente divisivo: Draghi non sarebbe disposto, ad esempio, a rinnovare alla scadenza la leghista 'quota 100'. Di qui il dilemma: avere ministri politici vuol dire dare più forza all'esecutivo in Parlamento, ma sui nomi l'equilibrio è difficilissimo e potrebbe volerci più tempo per la sintesi.

Figure chiave saranno i sottosegretari alla presidenza del Consiglio: c'è chi ipotizza che possano essere politici come Giorgetti e Orlando, a rappresentare i partiti, ma vengono più 'quotati' profili tecnici come Daniele Franco di Bankitalia, della giurista Luisa Torchia o dell'avvocato Antonio Catricalà.

Franco resta comunque il nome più quotato per l'Economia, insieme a Dario Scannapieco della Bei. Tra gli economisti si citano anche Carlo Cottarelli e Ignazio Angeloni della vigilanza Bce. Al Viminale, come ministro super partes e di garanzia, resterebbe Luciana Lamorgese. Per la sanità si cita Rocco Bellantone, presidente della facoltà di medicina della Cattolica e direttore del Gemelli. Molte, assicura chi conosce Draghi, saranno le donne. Di qui, nei rumors, i nomi di Marcella Panucci, ex Confindustria, della professoressa Lucrezia Reichlin, del direttore della Farnesina Elisabetta Belloni e di Marta Cartabia alla Giustizia.

Il programma di Governo

La pandemia ha rubato giorni di scuola ai ragazzi e alle ragazze italiani e Mario Draghi vuole partire da qui: il calendario scolastico va rivisto e bisogna fare di tutto per assicurare che alla ripresa a settembre i professori siano in cattedra. Ne discute con i partiti più piccoli il premier incaricato durante il secondo giro delle consultazioni.

L'altra priorità è accelerare sui vaccini, la loro distribuzione ma anche la produzione. E creare posti di lavoro, perché la ripresa ci sarà ma sarà lenta. Prende forma il programma del nuovo governo, che parlerà anche di Europa e lavoro e delle riforme necessarie a rilanciare il Paese: fisco, pubblica amministrazione e giustizia in cima alla lista.

Il ritmo dei colloqui è serrato, gli esponenti delle forze politiche escono uno dopo l'altro e dipingono un quadro molto simile. La cornice entro la quale si muoverà il governo Draghi sarà europeista all'insegna di un rinnovato atlantismo. 

Le riforme

Sul fronte interno invece il premier incaricato batte più volte sulla riforma della pubblica amministrazione: operazione necessaria per l'attuazione del Recovery plan. C'è poi la riforma del fisco, che deve essere organica, e anche la riforma della giustizia civile. Quella penale, tema fonte di molte tensioni fra i partiti, non è citata. 

L'emergenza sanitaria ha poi portato con sé quella sociale ed economica. Il blocco dei licenziamenti scade a fine marzo e qui nessuno riporta parole nette: la necessità di proteggere le persone sarebbe però chiara al premier incaricato, che punta a creare nuovi posti di lavoro attraverso la ripresa degli investimenti e l'apertura dei cantieri.

Il 15 febbraio scade il decreto legge che vieta gli spostamenti fra Regioni e dunque se rinnovare la stretta o come alleggerirla potrebbe essere il primo atto del nuovo governo.

Francesco Boccia, ministro uscente per gli Affari Regionali, invita a «non abbassare la guardia». Sulla scuola invece si sono già fatti sentire i presidi: l'idea di allungare, magari fino a luglio, la presenza degli studenti in classe viene accolta con un mix di prudenza e timore mentre sulle "200mila assunzioni" da fare la richiesta è di maggiore autonomia agli istituti.

La posizione dei partiti

Prima di salire al Colle e sciogliere la riserva, l'ex presidente della Bce deve tornare al tavolo con i partiti più grandi e incontrare - come promesso - parti sociali e enti locali mercoledì. Ma a quel punto non potrà ancora dichiarare chiusa la partita: il Movimento 5s ha deciso di ascoltare la base con tanto di votazione online che si concluderà giovedì alle 13. La direzione di marcia dei vertici è chiara: hanno aperto al governo Draghi in nome della responsabilità. Luigi Di Maio assicura che le battaglie di bandiera non verranno rinnegate e che i 5s «continueranno a essere determinanti».

Invoca compattezza ancora una volta Giuseppe Conte che ai gruppi parlamentari è anche tornato ad assicurare di "non voler entrare nel governo".

Il lavoro sui punti programmatici, che mostrano un respiro ampio e che rispondono alle sollecitazioni arrivate più volte da Bruxelles, va di pari passo con la formazione della squadra. Sempre più possibile che alla fine Draghi scelga una formula mista, con alcuni tecnici nei ministeri chiave e la presenza di alcuni politici. Avere luogotenenti dei partiti nell'esecutivo potrebbe infatti garantire una navigazione più sicura in Parlamento. La maggioranza larghissima, che va dal Pd alla Lega, pronta a sostenere Draghi rischia di rendere l'esame dei provvedimenti alla Camera e al Senato ricco di insidie.

Se il governo dovesse essere interamente politico, la Lega è però pronta a reclamare un posto da ministro direttamente per Salvini. Una questione di "logica" per il capogruppo leghista a Montecitorio Riccardo Molinari. Intanto, dopo le aperture all'ex banchiere centrale, prosegue la svolta in chiave europeista del 'Capitano'. Su migranti dice di volersi attenere alla "legislazione europea" e potrebbe anche decidere di far votare i suoi a favore del Recovery fund all'Europarlamento. Molto dipenderà dall'incontro in agenda con Draghi: se la vecchia austerity facesse largo agli investimenti - fanno sapere fonti del partito - si potrebbe virare dall'astensione al sì anche in questo caso.