L'esponente politico nelle settimane scorse aveva subito un'aggressione e nel corso di un corteo di solidarietà aveva ribadito la volontà di continuare. Ora invece la decisione di gettare la spugna
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Una doccia fredda, un fulmine a ciel sereno. Non ci sono altre parole per descrivere la vicenda delle dimissioni irrevocabili presentate questa mattina dal consigliere comunale di Scalea, Renato Bruno. Di fede politica grillina, Bruno ha rappresentato per quasi tre anni la spina nel fianco dell'amministrazione guidata da Gennaro Licursi a suon di mozioni e denunce e nulla aveva fatto presagire l'epilogo odierno. Anzi, di recente, in occasione del presunto episodio di aggressione nei suoi confronti, nel corso del corteo di solidarietà aveva ribadito a gran voce la voglia di continuare a lottare per liberare la sua città, ancora stretta, a suo dire, nella morsa della delinquenza e di una pubblica amministrazione che arranca.
Mistero sui motivi della decisione
«So che per tanti di voi sarà difficile capirne le motivazioni, alcuni inventeranno motivi che non esistono questo già lo so», ha scritto il pentastellato nelle righe di addio al suo ruolo di consigliere comunale, postate sulla sua pagina facebook. Ma precisa: «Non sono state le minacce, quelle non mi spaventano; non è colpa delle scelte del governo di cui sono fiero; non è colpa del MoVimento e di alcune scelte che posso non condividere, ma in una famiglia può capitare di pensarla diversamente e si accetta ciò che democraticamente abbiamo deciso». Fatto sta che «da oggi non sarò più un portavoce del M5s, tornerò ad essere un semplice attivista che continuerà ad informare le persone. Come ho sempre detto non c'è bisogno di essere dentro le istituzioni per poter fare, esistono tutti gli strumenti per i cittadini per portare proposte al consiglio e li utilizzerò tutti». Ed in ultimo il discorso si fa più chiaro: «Non vi aspettate che vi dica le motivazioni che mi hanno spinto a questa scelta…».
Una consiliatura scandita da minacce, aggressioni e denunce "pericolose"
Nel maggio del 2016 si era presentato come candidato a sindaco di una lista certificata M5s con 16 aspiranti consiglieri al seguito. Quella tornata fu vinta dalla lista "Per la tua città", capeggiata da Gennaro Licursi, ma Bruno riuscì ad accaparrarsi un posto tra i banchi della minoranza grazie agli 828 voti di lista portati a casa. La sua presenza ha reso la vita difficile agli amministratori e non solo. Spesso si è reso protagonista di memorabili denunce atte a disintegrare un presunto sistema di affari, protezioni e favoritismi che sarebbe andato avanti per anni. Di recente aveva portato alla luce la questione dei tributi comunali, che probabilmente ha scaturito l'episodio di aggressione fisica e verbale, ancora al vaglio degli inquirenti, denunciato nel febbraio scorso. Ma tutta la sua permanenza in Comune è stata costellata di minacce e insulti, che si sono trascinati talvolta anche sulle pagine social. Larga parte dei cittadini lo ha sempre sostenuto nelle sue coraggiose battaglie, ma in privato, perché come ha sostenuto Bruno nella sua lettera di saluti, «in questo paese il politico fa più paura del mafioso».
Stanco e demotivato
I motivi per i quali ha deciso di rassegnare le motivazioni non sono noti, dicevamo poc'anzi, ma persone a lui vicine parlano di una stanchezza mentale dettata da una burocrazia lenta e una magistratura distratta forse a causa di un sovraccarico di lavoro. Alla procura di Paola si sta cercando di sbrogliare matasse intrecciatissime da anni di silenzi e di omertà. Tante le questioni che bollono in pentola e soli tre magistrati non riuscirebbero a far fronte, almeno non nell'immediato, a tutte le denunce. Così più il tempo scorre e più si ha l'impressione che denunciare sia come fare un buco nell'acqua. E con una popolazione asservita e nessuna protezione a limitari i rischi, altissimi in questo lembo di terra, Bruno deve aver pensato che non valga più la pena di combattere.