«La valutazione che la Corte dei Conti ha operato sulla legge regionale della Calabria istitutiva dell’Azienda Zero, relativa alla gestione della sanità calabrese, conferma tutte le perplessità che avevamo individuato su questa manovra del centrodestra, di fatto avallata dai due consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, impermeabili rispetto alle nostre osservazioni».

Non le manda certo a dire, il deputato uscente di Impegno Civico Giuseppe D’Ippolito, che sottolinea come nello specifico, la magistratura contabile ha evidenziato la mancanza di uno studio dell’impatto finanziario della legge e precisato che la Regione Calabria ne ha giustificato i costi alla carlona.

«Ancora, la Corte dei Conti ha contestato che dalla relazione e dalla scheda tecnica della legge non si rinviene affatto un organigramma definito dell’Azienda Zero e, in barba alla legge, manca addirittura la correlata stima del fabbisogno, della proiezione dei costi e delle relative coperture su scala decennale».

Insomma, per D’Ippolito, candidato senatore nel collegio plurinominale della Calabria, questa è l’ennesima conferma del fatto che «il Movimento 5 Stelle in sostanza appoggia il centrodestra».

«A livello nazionale – è il ragionamento del deputato - il partito di Conte ha determinato la caduta del governo Draghi, insieme alle truppe parlamentari di Salvini e Berlusconi. A livello regionale, il Movimento 5 Stelle si pone sulla stessa linea di Forza Italia, della Lega e dell’interno centrodestra, di cui ne rappresenta il migliore alleato a palazzo».

Ma non basta, perché D’Ippolito affonda il colpo sull’ex Movimento di appartenenza e sul nuovo corso firmato da Giuseppe Conte: «Cafiero De Raho e Scarpinato, candidati da Conte per impressionare l’elettorato, sono finora silenti rispetto al merito delle questioni più urgenti della Calabria. La loro candidatura certifica la riproposizione del metodo seguito da Conte con la nomina di Cotticelli, che noi avversammo, cioè l’idea che alla Calabria – conclude D’Ippolito – servano generali dei carabinieri e magistrati, piuttosto che politici del territorio che riescano ad entrare nel merito dei problemi concreti».