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Finisce col botto la campagna elettorale per il turno straordinario di domenica prossima a San Ferdinando. I candidati a sindaco Michele Oliva e Andrea Tripodi, in quest’ordine saliti sul palco di piazza Nunziante assieme alle loro squadre, hanno rivolto un tipo di appello al voto che era tutt’altro che scontato all’inizio di una partita elettorale che era sembrata più giocata negli spogliatoio di qualche stanza segreta che nel campo aperto della sfida sui programmi e sulla classe dirigente proposta. Lo stimolo a questa effervescenza finale certamente era venuto dalle comunicazioni intorno all’impegno amministrativo contro future infiltrazioni mafiose, che, al netto dei buoni propositi mai messi in dubbio e però mai neanche esternate prima, si sono radicate intorno al tema della costituzione di parte civile nei processi futuri. Lo schieramento di Oliva, che la volta scorsa su tale questione aveva attaccato tramite il candidato Michele Varrà, è stato il bersaglio della reazione degli avversari che, nell’occasione, hanno replicato a muso duro e con tempi definitivi. L’argomento ‘ndrangheta, in una competizione che arriva dopo il terzo scioglimento del consiglio comunale, è stato affrontato in maniera ampia e con nuovi spunti anche da Oliva – che per la prima ha proposto la creazione di uno «uno staff anticorruzione e di un apposito assessorato per la prevenzione delle infiltrazioni»: ma il pepe sulla lingua della campagna è arrivato da quella che Serafino Mazzitelli, presentando il candidato Tripodi, ha definito «fine della moderazione a cui avevamo invitato all’inizio della campagna elettorale».
DUE IMMAGINI DI SQUADRA
Oliva, docente nel “liceo antimafia” della vicina Rosarno, ha scelto di far parlare sul palco Maria Campisi – la presidente non sospesa dell’associazione civica Santa Barbara – Michela Purrone, l’avvocata che continua a presentare gli altri candidati “prima il cognome e poi il nome” come negli atti di un Tribunale, l’architetto Antonio Gaudioso che questa volta ha proposto niente di meno che «un Piano di recupero dei marcipiedi», e Michele Varrà, l’unico rappresentante di partito (alfaniano) schierato con lui. Più smilzo e tradizionale il palco di Tripodi, a favore del quale ha parlato soltanto «il fratello e compagno Mazzitelli», ex comunista come lui e suo assessore due decenni fa, oggi (e spesso) non candidato.
LO SGARBO DI VARRà
Contro Varrà, giovane avvocato e stimato animatore parrocchiale, sono arrivati gli strali degli avversari. Un uno-duo impietoso, sull’importante tema delle parti civili contro i clan, con Mazzitelli che prima ha parlato di «muffa da sacrestia» - riferendosi alla scelta che l’avversario aveva fatto nell’altro comizio, attaccando le amministrazioni Tripodi, di cui il suo candidato a sindaco Oliva aveva fatto parte – sul presupposto sbagliato «che non si erano costituite nei processi contro la mafia».
NON ARRIVANO LE SCUSE E TRIPODI ATTACCA
Oliva, avendo lasciato “cadere la cosa” – ovvero non difendendo la sua memoria e limitandosi ad un siparietto con Varrà quando questi prendendo la parola l’ultima sera lo ha tranquillizzato con un «mi sono portato il malloppo e questa volta non ho vuoti di memoria» - non ha potuto evitare di entrare dritto nelle fauci del suo ex sindaco. «Noi ci siamo costituiti contro i Piromalli», ha urlato Tripodi, esternando delusione – perché «mi sarei atteso delle scuse» - e finendo col chiamare in causa il suo ex assessore che «era consigliere di maggioranza in quella amministrazione sciolta per mafia» quando era sindaco Barbieri.
TUTTI RIMANDATI IN “PROCESSI DI MAFIA”
Argomento essenziale, in un paese che ha conosciuto una recente raffica di arresti anche di politici e costruttori, la costituzione di parte civile è diventata la zizzania delle uniche schermaglie registrate in questo mese. Varrà aveva utilizzato l’argomento con «vuoti di memoria», forse spinto più dalla verve personalistica di chi non ricorda che delle amministrazioni Tripodi faceva finanche parte il suo ex (?) dominus politico, l’ex sindaco “sciolto” Francesco Barbieri; ma Tripodi non gli è stato da meno in quanto a giudizio sospeso sulla tematica essenziale quando ha ribadito «noi valuteremo caso per caso se costituirci», ripetendo che «le casse del comune sopportano costi enormi per stare nei processi», dimenticando che se sei riconosciuto “vittima di mafia” hai accesso a un Fondo per il risarcimento e il Tribunale ti storna le spese legali sostenute. In piazza c’è chi applaude e c’è chi no, ma queste sono le regole del consenso.
QUEL CHE RESTA DELLA NOTTE
Taccuini dei cronisti ancora una volta sorprendentemente pieni, quindi, e chiacchiere di piazza come al solito assordanti nel the end ufficiale di una campagna elettorale per la prima volta affrontata senza “figli o nipoti di” in lista, col grande cruccio di due proposte programmatiche mai socializzate prima del varo delle liste che, nel clima di «moderazione» scelto, sono sembrate uguali – finanche nel numero – ma uguali non sono: l’inedita anomalia dello schieramento di Oliva, che si è fermato a 10 candidati su 12, ha rivelato lo scarso appeale delle forze in campo dopo il commissariamento ma di certo non per colpa del commissariamento. Per i tanti che sono “rimasti fuori” pur volendosi cimentare, un unico sollievo: si può essere denunciati, indagati e archiviati per «mafia e pressioni sulle aziende» - come è capitato all’ex sindaco Tripodi che questa volta ne ha parlato nel comizio e con giusto orgoglio – ma i conti con la storia politica e personale ognuno li fa senza voltare le spalle alla memoria descrittiva. Che può ferire, ma in democrazia libera tutti, sempre.
Agostino Pantano