Era nell’aria ormai da settimane, se non da mesi. Con lui la compagine della Lega in Consiglio regionale si arricchisce e diventa più forte. Il palmese Giuseppe Mattiani formalizzerà il suo passaggio nel Carroccio, lunedì prossimo, 20 novembre, alla presenza del leader e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Il vicepremier parteciperà a un incontro che si terrà nella Sala “Monteleone” di Palazzo Campanella e che prevede la partecipazione anche del presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, del commissario regionale della Lega, Giacomo Francesco Saccomanno, e del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.

Proprio quest’ultimo, giurano fonti interne al partito, è il vero artefice dell’operazione politica che porta al passaggio di Mattiani da Forza Italia alla Lega. Operazione partorita nella capitale e dal grande effetto politico. Durigon, che è anche l’anima economico finanziaria del Carroccio, era stato in Calabria proprio qualche settimana fa, partecipando all’inaugurazione della nuova sede di Sant’Eufemia d’Aspromonte prima e ad un incontro con amministratori e simpatizzanti sul tema del Ponte sullo Stretto, svoltosi proprio a Palazzo Campanella, dopo. In quella occasione rimarcò che ci sono 60 miliardi di euro disponibili per le infrastrutture delle regioni Calabria e Sicilia, in vista della mega opera.

Lunedì, insieme al ministro Salvini, sarà fatto il punto proprio sugli importanti investimenti in infrastrutture destinati alla nostra Regione.

Dal punto di vista più squisitamente politico, l’arrivo di Salvini coincide con il periodo probabilmente di maggior tensione tra gli alleati di centrodestra al governo. I dossier sul tavolo del presidente della Regione Roberto Occhiuto sono diversi, ma se sul Ponte sembra ci sia piena sintonia, le cose non sembrano andare per il verso giusto per ciò che concerne l’Autonomia differenziata perorata dal ministro Roberto Calderoli. Proprio negli ultimi giorni, come si ricorderà, è stato lo stesso Occhiuto a far trapelare più di un fastidio rispetto alla volontà di andare avanti nel progetto senza la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni. Un valore imprescindibile per poter digerire la riforma voluta dal Carroccio, e considerata in diversi ambienti della maggioranza di governo una sorta di contropartita al via libera alla riforma costituzionale sul premierato forte voluta da Giorgia Meloni. A cui, non a caso, Occhiuto si è appellato per far rispettare i patti.

E d’altra parte la linea del presidente Occhiuto è stata sposata e sottoscritta dall’altro vicepremier, Antonio Tajani, e da diversi presidenti di Regione azzurri. Oltretutto la partita di Calderoli è arrivata ad un punto cruciale visto che il prossimo 21 novembre la commissione Affari costituzionali del Senato sarà chiamata a dare il via libera al mandato del relatore. Intanto però è stato Mario Occhiuto a fare le veci del fratello Roberto, votando proprio in commissione un emendamento proposto dalle opposizioni, facendo storcere il muso a più di qualcuno.

Dunque le schermaglie sono in atto e non sembra siano superabili con una semplice pacca sulla spalla o una nuova promessa. Anche al netto delle operazioni distensive provenienti da Palazzo Campanella dove nei giorni scorsi Mancuso, insieme a tutti i capigruppo di maggioranza, aveva perorato la causa del capo dell’esecutivo, anche in risposta alle “provocazioni” del Pd: «L’on. Occhiuto e il centrodestra calabrese – aveva scritto il portavoce del presidente del Consiglio regionale - condividono la corretta applicazione dell’autonomia differenziata (inserita nella Costituzione dal centrosinistra), non per obblighi di scuderia, ma perché si è convinti che, contemplando la definizione e il finanziamento dei Lep, nonché il fondo prerequativo per i territori con minore capacità fiscale, potrà essere utile al Paese e al Sud».

Una posizione che si potrebbe definire “in bilico” quella dei leghisti Mancuso e Gelardi, che della Lega è capogruppo a Palazzo Campanella. Anche perché bisognerà capire se quella posizione serva più alla maggioranza regionale, o a far capire che occorre comunque rispettare i patti assunti in precedenza, per far digerire la riforma a queste latitudini.   

In più c’è da considerare anche che con l’ingresso di Mattiani, il gruppo consiliare del Carroccio arriverà a cinque componenti (Mancuso incluso), mentre quello di Forza Italia, per lo stesso effetto scenderà a sei (Occhiuto incluso).

Di certo c’è, per tornare a Mattiani, che il politico del Reggino, che vanta una dote in voti in doppia cifra, dovrà dimostrare le sue qualità, e in questa prima fase non insedierà né la guida del gruppo, affidata all’altro reggino Gelardi, né alcun assessorato. Anche se, fanno notare alcuni, nella locandina dell’evento di lunedì, incentrato su infrastrutture e trasporti manca proprio il nome dell’assessore regionale in quota Lega Emma Staine. Una sua eventuale defenestrazione non sarebbe compatibile con l’ingresso in giunta di Mattiani, per via del rispetto delle quote rosa che presupporrebbe uno stravolgimento nel resto dell’esecutivo. Ma i soliti ben informati dicono anche che un altro nome sarebbe già bello e pronto per eventuali cambi in corsa. Staremo a vedere.

Va tenuto conto in questo scenario anche l’iter del progetto di legge che vuole la riforma delle commissioni consiliari, voluta proprio da Mattiani quando, a giochi comunque fatti, la casacca era ancora azzurra. Insieme a questa riforma, vale la pena ricordarlo, ce n’è un’altra in ballo: si tratta in sostanza di un percorso più articolato che vede all’esame anche una bozza di proposta a firma del capogruppo di Fratelli d’Italia Giuseppe Neri, circa le nuove cause di ineleggibilità e incompatibilità del presidente della Regione ma anche dei consiglieri regionali, rispolverando la figura del tanto vituperato consigliere supplente che a novembre del 2022 aveva già trascinato nella bufera la maggioranza, tanto che il centrodestra decise di ritirare la proposta che non era stata firmata proprio dalla Lega.