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Nessuna spesa personale ma solo spese per l'attività politica. Questa la tesi difensiva dell'ex consigliere cosentino, per cui è stato disposto l'obbligo di dimora lontano dalla Calabria nell'ambito dell'inchiesta Erga omnes. Oggi Adamo ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, per prudenza in attesa degli sviluppi dell'inchiesta, ma si è fermato a lungo con i cronisti a cui ha voluto ribadire la correttezza del suo comportamento. Nessuna mutanda o cose simili, pagati con i soldi pubblici, ma solo l'attività politica.
"La questione è interpretativa - ha dichiarato Adamo - se i fondi del gruppo sono stati spesi per l'attività politica del consigliere regionale Nicola Adamo o della persona politica Nicola Adamo. Tutte le spese sono regolarmente rendicontate, ma per l'accusa sarebbero state mirate ad attività politiche e non istituzionali. Non ci sono spese pazze, non ci sono mutande o gratta e vinci. Sono tutte spese rendicontate secondo l'unica normativa di riferimento, la legge regionale numero 13".
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A più riprese ribadisce la sua fiducia nella giustizia Adamo, che però non si spiega il provvedimento restrittivo emesso nei suoi confronti. "Sono rimasto stupefatto quando mi è stato comunicato il divieto di dimora in Calabria perchè ho consolidati rapporti con esponenti dell'amministrazione locale - si dispone il medesimo provvedimento nei confronti di chi ha consolidati rapporti con la criminalità organizzata locale. Mi pesa per la mia dignità questo tipo di provvedimento". "Nelle mie tasche soldi pubblici non ce ne sono" conclude Adamo.