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Niente. È ciò che la visita di Renzi ha lasciato ai calabresi. Assolutamente niente, a parte un mare di selfie. Una valanga di selfie. Selfie con la pala, che manco il vincitore di Xfactor.
Dopo la due giorni in treno che l’ha portato ai quattro angoli della regione, il segretario del Partito democratico riparte. Ma da qui alle lezioni del 2018 ritornerà, c’è da scommetterci, perché la Calabria è una pedina importante sulla scacchiera del Pd. D’altronde è lui stesso a dirlo: «Questo è stato il terzo appuntamento in Calabria da quando non sono più il presidente del Consiglio, cioè da nove mesi. Ormai potreste quasi accusarmi di stalking…».
Dov'è finita la rottamazione?
Non ha tutti i torti. Perché un po’ molesto lo è stato, quanto meno nell’alimentare aspettative di cambiamento che puntualmente sono state deluse. E sono proprio i selfie a rivelarlo. Nelle bacheche social dei pezzi grossi del Pd calabrese, le foto con Renzi vanno via un tanto al chilo. A guardare i volti di chi lo ha perennemente circondato in queste 48 ore di esaltazione della Calabria “del fare”, ci sono sempre le stesse facce, quelle che i calabresi conoscono da decenni, con buona pace del cambiamento promesso e mai realizzato. E sono tutte facce sorridenti.
Le elezioni si avvicinano
Con una nuova legge elettorale in procinto di essere varata, dove ancora una volta i nominati avranno un peso determinante nell’allestimento delle liste, non è il momento di mettersi di traverso. Ogni riserva viene accantonata, ogni contrasto viene dimenticato. Duck face e scatta. La foto per la pagina Facebook è servita.
Falcomatà di nuovo con Renzi
A guardare queste immagini sembra che Renzi non abbia mai avuto un nemico che sia uno in Calabria. Tutto dimenticato, anche la contro-campagna sul referendum perso che ha determinato il suo (momentaneo?) addio a Palazzo Chigi. Un clima così idilliaco che non è rimasta traccia neppure della clamorosa sconfessione del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, prima sedotto da Renzi con un tête-à-tête sul lungomare più bello d’Italia, e poi abbandonato per Angela Marcianò, chiamata a far parte della segreteria nazionale.
Dopo l’inaspettato voltafaccia di Matteo, il sindaco della città metropolitana aveva alzato la testa e fatto sperare in una ventata di aria nuova, definendo il Pd in Calabria come «poco più che un comitato elettorale». Ebbene, il comitato si è riunito negli ultimi due giorni in treno. E c’erano tutti, compreso il Bello di Reggio. Inutile elencare gli altri, perché sono sempre gli stessi.
Oliverio, Magorno e gli altri
Ovunque spuntava la faccia stanca di Ernesto Magorno, che probabilmente non ha mollato Renzi neppure quando è andato alla toilette. E poi il governatore Mario Oliverio, il quale nonostante l’agenda fittissima che impone una regione allo strenuo delle forze, ha trovato il tempo per accodarsi a Renzi ieri e oggi. Onnipresenti, poi, tutti i parlamentari, i sindaci e i consiglieri regionali del Pd, impegnati a fare gli onori di casa e a dimostrare che nei propri feudi elettorali il dissenso non esiste.
Quasi assenti, infatti, le temute manifestazioni di protesta. Tranne sparute contestazioni, come quella inscenata a Reggio da quattro gatti di Fratelli d’Italia e tenuti a distanza dalla polizia, il viaggio calabrese di Renzi è stata una passeggiata. Merito soprattutto dei signorotti locali del partito e di un’organizzazione che ha evitato qualunque contatto autentico con la gente.
Giornalisti blindati: impossibile sentire Renzi
Anche per i giornalisti è stato impossibile avere un confronto diretto con il segretario del Pd. Accreditati e accolti sul treno di Destinazione Italia, i rappresentanti della stampa sono stati blindati in un vagone separato da quello su cui viaggiava Matteo con la corte calabrese del Pd al completo. Pure il Papa, quando è seguito dai giornalisti sul suo stesso aereo, dedica una parte del viaggio alle domande della stampa. Con Renzi, invece, nisba. Bisogna seguire rigorosamente il copione, dove gli sguardi riflessivi e le battute di spirito, le inquadrature e i tempi sono pesati con il bilancino.
Eppure, prima di iniziare il suo tour, Renzi aveva assicurato che si sarebbe trattato di «un viaggio d’ascolto, lontano dai palazzi della politica e vicino ai problemi quotidiani dei cittadini». Ma de che? Ad essere ascoltati sono stati soltanto i questuanti di incarichi e i cacciatori di selfie.