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È interessante analizzare la foto di Matteo Renzi insieme al segretario regionale del Pd, Ernesto Magorno, scattata l’altro ieri a margine della presentazione a Diamante del libro dell’ex premier, pubblicata dallo stesso Magorno sulla sua pagina Facebook.
Si dice che l’ospitata di Renzi nel feudo elettorale dello “special one” dei democrat calabresi segni una nuova investitura, rimarcando il feeling con il rottamatore troppo presto rottamato. L’obiettivo quindi era presentare il libro fresco di stampa, certo, ma anche esaltare la leadership di Magorno, che il giorno prima con verginale trepidazione si diceva incapace di nascondere «un sentimento di autentica emozione» nella prospettiva di accogliere Renzi. Ma mentre i sensi fremevano nell’attesa del segretario nazionale del suo partito, anche un brivido deve aver attraversato la schiena del buon Magorno, pensando all’ultima investitura di Renzi in Calabria, quella della famosa passeggiata sul lungomare di Reggio con il sindaco Falcomatà. Come poi sia andata a finire (male, malissimo) lo sappiamo tutti.
Ma torniamo alla foto. Tra le tante che il segretario calabrese ha pubblicato sul suo profilo per celebrare l’evento, questa è una delle prime, scattata probabilmente all’arrivo di Renzi in albergo quando il sole era alto sull’orizzonte. Davanti c’è ancora tutta la serata e il bagno di folla che Magorno ha preparato per lui.
Gli abiti
Renzi e Magorno sono in piedi nell’hall maiolicata, uno di fronte all’altro, plasticamente interpreti dei loro stili e delle loro ambizioni. Renzi, nonostante i 42 anni suonati, ostenta la cifra giovanilista del suo impegno politico, portandosi appresso uno zainetto probabilmente assolutamente inutile per un ex primo ministro servito e riverito, ma iconico nel raccontare di un uomo che ha ripreso il suo viaggio deciso a tornare al punto di partenza: Palazzo Chigi. Renzi indossa jeans con sopra la solita camicia bianca. Quel bianco che è anche la bandiera di un cambiamento pulito, che pure se va a ramengo, come è purtroppo avvenuto, può comunque darti l’illusione di continuare cambiando semplicemente la biancheria.
Magorno invece ostenta un outfit che rimarca la subordinazione gerarchica e anagrafica al leader nazionale, con un velo di tristezza da dopolavoro ferroviario. Indossa una giacca carta da zucchero un po’ lunga di maniche, modello autista di bus metropolitano, una camicia a quadretti e una cravatta di maglia anni ‘80, che appena si intravede, di quelle che si mettevamo alle feste in casa con le luci a semaforo e i Duran Duran a palla. Un quasiquasi-ancora-giovane pronto a sostenere il peso della reggenza politica in Calabria e di una nuova candidatura al Parlamento quando il Paese fiducioso chiamerà ancora.
Le scarpe
Non ne so molto di scarpe alla moda, ma le sneakers di Renzi sembrano comunque in linea con i tempi e in sintonia con l’abbigliamento casual. Le strisce bianche rosse e verdi, inoltre, richiamano discretamente il suo impegno al servizio dell’Italia. Certo, è un impegno finito sulle scarpe, ma sempre meglio che una mutanda con il tricolore.
Magorno, invece, nonostante la calura estiva, calza un paio di polacchine scamosciate, che in realtà potrebbero anche essere costosissime calzature di tendenza, ma polacchine invernali sembrano. Sono scarpe che ti dicono che è un uomo che cammina, cammina, cammina…
Le parole
“Padre, mi perdoni perché ho peccato”, sembrano sussurrare senza guardarsi negli occhi. Non si capisce però chi lo dica a chi. Entrambi hanno tante cose da farsi perdonare, ma su tutto spicca il famigerato cambiamento mille volte sventolato come cosa fatta, fattissima, ma evanescente come qualunque promessa elettorale.
Le persone intorno
Poche. Probabilmente Renzi è appena arrivato e la hall dell’albergo è semivuota. Sulla destra si nota quella che sembra essere una famiglia con padre, moglie e figlio. Completamente disinteressati alla presenza di ospiti così importanti, stanno probabilmente decidendo dove andare a passare la giornata.
Dietro Renzi si intravede quella che probabilmente è una delle sue guardie del corpo, perché in un’altra foto appare con il classico auricolare da film. L’agente sembra parlare a un microfono nella manica, o più probabilmente si sta solo grattando il mento, ma mi piace pensare che stia invece dando indicazioni in codice: “La Fenice è nel nido, ripeto, la Fenice è nel nido, schierate il perimetro di sicurezza”.
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Infine, dietro la spalla destra di Magorno sembra spuntare la fascinosa testa canuta di Marco Travaglio. Rimasto prima orfano di Berlusconi e ora anche di Renzi, incapace di dedicare troppa attenzione al mite Gentiloni, segue forse il tour promozionale dell’enfant prodige di Rignano sull’Arno nella speranza di intingere ancora un po’ la penna nelle contraddizioni di quello che doveva essere l’Uomo nuovo e non il nuovo Uovo… con sorpresa.
Enrico De Girolamo