Il cattivo esempio lo diede Mario Oliverio nella scorsa consiliatura riesumando la V° Commissione Riforme, che mancava a Palazzo Campanella dal 2004. Ma, per rinsaldare il "patto di collaborazione" (che fa rima con "patto per le poltrone") con Ncd decise di tirare fuori dal cilindro il vecchio-nuovo organismo consiliare in spregio ad ogni decantato principio di spending review.

La presidenza andò a Baldo Esposito, unico rimasto fuori dalla spartizione delle caselle nel suo partito (l’anonimo Arruzzolo fu nominato capogruppo e Gentile vicepresidente del consiglio regionale).

Riordino degli enti pubblici e delle società in house, con interventi sugli enti pubblici come Aterp, armonizzazione statuto e regolamento in base alle leggi di riforma nazionale, apparato burocratico più efficace e snello, rivisitazione della Legge Delrio per l’istituzione della Città metropolitana di Reggio Calabria e quella di Aree vaste per le altre province calabresi, erano gli obiettivi decantati in conferenza stampa nel febbraio 2016 da Esposito.

 

Beh, vi era anche, a suo dire, quello di «individuare i carrozzoni inutili e liquidarli». Tenuto conto, però, che in 4 anni la commissione Riforme si è riunita 22 volte per licenziare 4 provvedimenti (tra cui la possibilità di voto elettronico per i consiglieri regionali) e fare 2 dossier tematici, forse, quell’ultimo ambizioso obiettivo lo si sarebbe potuto raggiungere con una sola proposta in una sola seduta: ri-abrogare la Commissione stessa.

 

Una proposta fatta dal gruppo di Pippo Callipo in questa consiliatura è stata quella di accorpare la materia “Riforme” a quella degli “Affari Istituzionali”, ma l’attuale maggioranza per la sua eterogeneità e per gli appetiti dei singoli ha bisogno di più caselle possibili per sfamare ego e clientele dei consiglieri che la compongono.

 

Si ripropone, quindi, il cattivo esempio di Oliverio: aumentare le commissioni per suggellare pax politiche al saldo dei calabresi.

 

Già, perchè ogni nuova commissione consiliare costa 109.921 euro l’anno (549.607 per 5 anni di consiliatura), cifra che comprende il responsabile amministrativo, l’indennità (aggiuntiva) del presidente pari a 1.500 euro e l’autista del presidente, che ha anche diritto al rimborso spese che va dai 3000 ai 9000 euro l’anno che, come si legge nella deliberazione 5 del 9 gennaio 2018, è finalizzato «al ristoro del disagio economico e fisico che affrontano gli autisti, la cui residenza dista almeno 10 chilometri da quella del titolare della struttura» (e qualcuno prima o poi ci spiegherà quale disagio fisico procura fare 10 chilometri di viaggio per raggiungere il posto di lavoro), oltre a 100.000 per l’indennità aggiuntiva dei due componenti "interni" chiamati a lavorarvici.

 

Quindi, un presidente di commissione arricchisce sé stesso e gli amici (e quelli degli amici degli amici) con nuove caselle "fiduciarie" da riempire.

 

Ecco perchè Pietro Molinaro, eletto con la Lega grazie ad un accordo tra Matteo Salvini e Coldiretti a livello nazionale, dopo aver visto sfumare il sogno dell’assessorato all’Agricoltura, ha smosso mari e monti, trattando direttamente con Jole Santelli, per avere una commissione consiliare, quella sull’agricoltura, creata apposta per lui (suscitando le ire del viceresponsabile enti locali del Carroccio, Walter Rauti).

 

Ad aprile si parlava di istituire una nuova commissione consiliare sui fondi europei (su proposta di Mimmo Tallini), ma l’agricoltura meglio si addiceva ai desiderata Molinaro, infiocchettata dai capogruppo di Fi, Fdi e Lega come una commissione attinente al «tessuto sociale ed economico della Regione» che tratti «peculiarmente le problematiche di settori vitali dell'economia regionale».

 

E se per settori vitali (per loro) intendevano il foraggiamento della politica clientelare che regge la maggioranza consiliare, la missione, a questo giro, pare compiuta.