Si è concluso oggi con la scadenza del mandato – salvo proroghe o rinnovi – il regno di Maurizio Priolo, il dirigente più potente della Regione Calabria. E, secondo alcuni, abusivo. Era stato nominato da Nicola Irto segretario e direttore generale del Consiglio regionale nel 2015, un doppio incarico al quale si sono sovrapposti nel tempo anche quelli ad interim da dirigente del Settore Tecnico (I fascia) e delle aree funzionali II “Assistenza Commissioni”, III “Relazioni Esterne, Comunicazione e Legislativa” e IV “Gestione” e il ruolo di responsabile anti corruzione e responsabile della trasparenza.

I doppi premi ogni anno

Priolo poteva vantare una sfilza di cariche da far impallidire i mitici megadirettori galattici di fantozziana memoria. E, come tale, portava a casa uno stipendio di tutto rispetto, circa 170mila euro ai quali aggiungere ulteriori retribuzioni per altre decine di migliaia di euro. Già, perché in Calabria il raggiungimento degli obiettivi – che siano stabiliti o meno – può portare ai grand commis premi doppi, permettendo loro di incassare cifre degne del Presidente della Repubblica.

 

A Maurizio Priolo, figlio dell'ex consigliere regionale (nonché presidente dell'associazione degli ex consiglieri regionali) Stefano, pare sia successo ogni anno. Nel 2015, come attesta la deliberazione 44 del 26 ottobre 2016; nel 2016, come riporta la deliberazione 47 del 18 settembre 2017; nel 2017, come indicato nella deliberazione 27 del 29 maggio 2018; nel 2018, come testimonia la deliberazione 25 del 28 maggio 2019. Quanto allo scorso anno, bisognerà attendere il relativo rapporto dell'Organo interno di valutazione, che stabilisce se e quanto premiare chi lavora in Regione.

I rilievi del ministero

Visti i precedenti, è difficile pensare che non ritorni la formula presente in tutti gli atti appena citati: quella in cui, dopo aver dato a Priolo il “massimo dei voti” per quanto fatto, si approva in suo favore «la proposta dell’ulteriore riconoscimento della parte variabile, quantificandola in una percentuale aggiuntiva pari al 100% dell’indennità di risultato». Ma anche quella che il Mef – tra i tanti rilievi mossi alla Regione in questi anni – ritiene illegittima perché la spesa grava sul bilancio del Consiglio e non sul fondo di produttività.

 

In Calabria, però, le doppie indennità si danno lo stesso – tra i dirigenti della Giunta sono in tanti a beneficiarne – per scelta della politica, nonostante la Corte costituzionale abbia sancito dal 2013 che a regolare la retribuzione dei dirigenti debba essere il contratto collettivo nazionale. E così Priolo è arrivato a guadagnare anche 230mila euro in un anno, una cifra di poco inferiore ai 235mila che corrispondono allo stipendio di Sergio Mattarella.

L'interrogazione parlamentare senza risposta

Ma le potenziali illegittimità non finiscono qui. C'è pure la questione “abusivismo”, finita nel 2017 in un'interrogazione parlamentare della deputata grillina Federica Dieni che non ha mai avuto risposta. Sembrerebbe, infatti, che Priolo sia stato il capo della burocrazia della Regione senza avere diritto nemmeno a esserne un semplice dipendente. Prima di approdare nell'ente, infatti, lavorava per Asireg, il consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Reggio Calabria. Poi, con una determina del 2010 firmata dal dirigente del settore risorse umane Carlo Calabrò, venne inserito nella dotazione organica del Consiglio regionale e iniziò da lì a breve la sua carriera da dirigente.

 

I problemi a riguardo sono due. Il primo è che l'Asireg era una partecipata della Regione e la Corte dei Conti ha stabilito definitivamente nel 2015 che – scrisse Dieni –«al personale dipendente dai consorzi (segnatamente, dai consorzi di sviluppo industriale) non si estende la disciplina recata dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 in materia di mobilità del personale dipendente da società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni».

 

Il secondo - e a dirlo è la Costituzione - è che ai posti di dirigente della pubblica amministrazione si accede tramite concorso e Priolo non ne ha vinto nessuno. Ricordava ancora Dieni all'allora ministro Madia che «la Consulta ha più volte censurato le leggi regionali che consentivano i meccanismi di reinternalizzazione attraverso il passaggio automatico dall'impiego privato (società partecipata) a quello pubblico (Ente territoriale) aggirando l'articolo 97 della Costituzione».

Un'illegittimità sana l'altra?

In pratica, il segretario-direttore generale non avrebbe potuto trasferirsi dall'Asireg alla Regione né tantomeno assumere le cariche che gli sono state poi assegnate. La bizzarria dell'arrivo di Priolo negli uffici regionali era stata sottolineata nel 2013 finanche da un suo predecessore, l'allora segretario generale Nicola Lopez, che evidenziò «anomalie che sostanziano delle palesi illegittimità» a riguardo. Ma Calabrò, che aveva autorizzato quel trasferimento, annunciò che non avrebbe annullato il proprio provvedimento, motivando l'atto con la presenza di «altre situazioni soggettive analoghe».

 

Come se la presenza di altre illegittimità le sanasse tutte, insomma, senza valutare i potenziali danni erariali che ne potrebbero conseguire.

I vecchi dubbi di Tallini e un successore da nominare

Anni dopo – era il 2016 – se ne accorse pure Mimmo Tallini, che annunciò di voler formalizzare all'Ufficio di Presidenza una richiesta per comprendere se Priolo fosse «in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, provenendo da un piccolo ente economico di Reggio Calabria ed essendo approdato al Consiglio regionale con un semplice comando che forse non poteva nemmeno avvenire e che lo ha proiettato a dirigente, senza concorso, a Palazzo Campanella».

 

Quattro anni dopo, seppur per qualche mese, lo ha ritrovato come segretario di quel Consiglio che lui stesso presiede. Adesso Tallini dovrà nominarne uno nuovo, a meno di non volerlo riconfermare. Tra i corridoi circola la voce che a sostituire Priolo potrebbe essere una donna, la dirigente Maria Stefania Lauria. Lei, almeno, un concorso da dirigente a suo tempo l'ha vinto.